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parte prima 19

a diporto per la campagna, ordinò al suo auriga d’allestire un cocchio e di condurlo al parco vicino. Non aveva fatto egli molta strada che s’incontrò in un vecchio decrepito; il quale, sostenendosi appena sopra un bastone, si avanzava lentamente ed a stento, tremando per ogni membro; gli occhi di lui erano smorti, la pelle raggrinzita; e appena poteva articolar parola. — «Che uomo è questo?» domandò, maravigliato, al guidatore del carro il giovane principe; «lo stato di costui è condizione di sua famiglia, o è legge che ogni uomo divenga simile a questo infelice?» — «Signore», rispose il servo, «questi è un uomo che la vecchiezza ridusse a tale. Debole, sofferente, fastidioso pei malanni, i suoi parenti lo hanno a schifo; inabile a ogni lavoro, lo hanno abbandonato come un arnese guasto dall’uso. Egli si trascina ora di luogo in luogo ad accattare il vitto giornaliero, senz’altro appoggio che il suo bastone». — «E ve n’hanno molti nel mondo di simili sventurati?» domandò ancora il principe. A cui l’auriga rispose: «Tutti, o signore, siamo condannati a tal fine. In tutti la giovinezza è vinta dalla vecchiaia; vostro padre, la vostra sposa, i vostri amici diverranno un giorno vecchi anch’essi a quel modo». — «Oimè! esclamò il principe allora, l’uomo, ignaro e superbo della gioventù che lo inebbria, non pensa dunque alla vecchiaia, che lo attende per fargli pagare a caro prezzo la vita dei suoi primi anni!» — Col cuore gonfio di mestizia fece ritorno al palazzo reale. Le delizie e i piaceri che lo circondavano avevano perso l’usato allettamento, e spesso ripeteva tristamente tra se: «Che cosa ho io che fare con la gioia e il piacere, io che sono la futura dimora della vecchiezza?»

Non andò guari che il principe ebbe ancora volontà