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parte prima | 17 |
narca, si pose in animo di provvedere con ogni sua possa che il principe non vedesse alcuno di quei segni, i quali, a detta dei saggi, lo dovevano indurre a farsi religioso. A questo fine volle che tutto quel che di bello e di buono poteva offrire la sua splendida e ricca corte, fosse posto in opera, perchè la vita del principe scorresse felice, e mai non gli venisse in pensiero che nel mondo vi fossero sventurati.
Quando Siddhârtha Râja Kumâra, cioè il principe ereditario Siddhârta, fu giunto all’età di sedici anni, il padre suo ordinò si costruissero tre sontuosi palazzi; perchè il principe avesse un luogo di delizie per le varie stagioni dell’anno; e in ciascuno di questi palazzi pose molte tra le più belle fanciulle del reame, che dovevano servirlo e rallegrarlo con continue danze e melodie.1
Per assicurare discendenti alla dinastia, e l’avvenire della stirpe dei Çâkya, volle anche Çuddhôdana dar moglie al figliuolo; e incaricò alcuni degli anziani della famiglia d’andare dal giovanetto, e persuaderlo ad acconsentire ai voleri del padre. Siddhârtha dopo alcuni giorni di riflessione decise d’ammogliarsi, a patto che la donna rispondesse appieno ai suoi desiderii. Poco però gl’importava che ella fosse di ricca famiglia e di nobile casta, ma molto gli premeva che la virtù di lei fosse grande. Onde, fatta una lista di tutte le qualità morali che amava adornassero la sua sposa, la diede agli anziani, i quali la mandarono a tutte le fanciulle d’ogni classe.2 Fu trovata finalmente la donna che in ogni cosa