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16 parte prima

siddha, che vuol dire, «colui che appaga ogni desiderio».1 Due giorni dopo, Mâyâdêvî, la madre del fanciullo, morì, «affinchè ella, sèguita a dire la leggenda, non avesse il cuore amareggiato nel vedere, in appresso, il suo figliuolo diletto abbandonar lei, e la casa paterna, e la corte, e farsi religioso». Morta, salì in un luogo di beatitudine, e divenne figliuola dei Dêva; e il fanciullo fu affidato alla tutela d’una zia materna, per nome Mâhâ Prajâpatî Gâutamî.2

Ora Çuddhôdana avendo inteso da’ brâhmani che il suo figliuolo era destinato a diventare un monaco, domandò anche quali sarebbero state le cagioni, che lo dovevano indurre a togliersi dal mondo. E i brâhmani allora asserirono, che, appena il giovane principe fosse fatto accorto dei mali, ai quali la natura e il destino hanno condannati tutti coloro che nascono alla vita; appena avesse conosciuto che la vecchiezza, le malattie e la morte sono il retaggio di tutte le creature viventi, egli lascerebbe il mondo e i suoi falsi piaceri, per studiare la scienza, da cui conoscere il modo di salvare sè stesso e gli altri uomini dai mali dell’esistenza.3 Per la qual cosa il re di Kapilavastu, che desiderava, che il figliuolo suo diventasse un grande e potente mo-


  1. H. p. 149; — K. p. 78.
    È bene avvertire, che, dando la significazione dei nomi propri, non intendo presentare la rigorosa etimologia della parola sanscrita; ma di attenermi alla interpretazione e al valore che i buddhisti applicano ai nomi propri stessi. Il significato che dà la esatta etimologia delle parole, non ne esprime sempre giustamente il senso buddhico. — Il nome di Sarvârthasiddha è comunemente abbreviato in Siddhârta o Arthasiddha.
  2. Lalitavistara. — B. p. 44.
  3. B. p. 44.