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parte seconda | 503 |
thung, alla testa degl’insorti, intorno al 1350, tentò di abbattere la dinastia degli Yüan, per mettere in trono un preteso discendente de’ Sung.
Il libro, di cui ora discorriamo, per quanto predichi la morale più rigida, non per questo consiglia il popolo a esser fanatico, bigotto, e troppo assiduo frequentatore delle chiese; e cita anzi come savissima la grida promulgata da un certo sovrano, la quale, fra le altre cose, diceva: «Siate buoni padri di famiglia, buoni figliuoli, buoni sudditi; dominate le passioni, guardatevi dal vizio, praticate più che sia possibile la virtù, e non vi curate d’altro». E l’autore del libro, per suo conto, seguita a dire: «Coloro che con false dottrine ingannano la gente sono ben meritevoli di mille morti; ma non sono eglino colpevoli altrettanto que’ capi di famiglia che permettono alle loro mogli e alle loro figliuole d’andare sempre in chiesa, a tutte le feste; e per di più a sentire i discorsi di certi predicatori, i propositi de’ quali sono una continua offesa alla morale, al buon senso, e alle istituzioni della nazione?».1
Veniamo ora ad esporre la morale della religione taose, secondo che si ricava dalla citata scrittura, la quale può riguardarsene il codice. La morale del Confucianesimo, che si fonda su’ doveri degli uomini, vi è naturalmente compresa. Un precetto del nostro testo condanna specialmente come colpa gravissima il non praticare nessuna delle «Sei virtù cardinali», Lu-shun; le quali, come dicemmo a suo luogo, sono: pel principe la giustizia, pe’ ministri la rettitudine, pe’ genitori la tenerezza e l’amore, pe’ figliuoli la pietà e l’ubbidienza, l’affetto tra fratelli, e il rispetto pe’ superiori.2 Ma oltre a queste