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parte seconda 501

Il Kan-ying-phien, benchè libro appartenente alla scuola taose, dimostra grandissima venerazione per tutt’e tre le religioni che si professano in Cina. Le scritture buddhiche, gli Wu-king e i Sse-shu della scuola confuciana sono citati, nel sopraddetto volume, come autorità incontrastabili, per confortare alcuna massima o alcun comandamento. E tra gli altri precetti uno appunto prescrive special rispetto a’ savi e a’ santi uomini, i quali con le loro opere e le loro virtù sono stati la gloria dell’una dell’altra di quelle tre dottrine: «inquanto chè, dice il testo, benchè le religioni de’ Letterati, de’ Buddhisti e de’ Taosi siano tra loro differenti, tutte hanno però un medesimo fine, quello di far l’uomo virtuoso ed onesto».

Il rispetto che ogni buon cinese deve alla memoria degli uomini, i quali si resero celebri in alcune di queste tre dottrine, lo deve anche alle opere che eglino scrissero; e distruggere alcuna di esse è delitto gravissimo, che gl’Iddii non mancano mai di punire severamente. «Anche la carta scritta o stampata, dice il nostro testo, la quale può contenere spesso qualche bella massima di morale, è peccato adoprarla a certi usi, o calpestarla per la strada, invece di raccoglierla e conservarla con rispetto: e se non lo facciamo ci rendiamo così colpevoli, come se direttamente si fosse fatto affronto ai savii e ai santi». Il Kan-yin-phin reca alquante storielle che stanno a dimostrare la veracità di quella sentenza; e nelle quali si fa conoscere la ricompensa che ebbero coloro che strettamente osservavano il precetto di rispettare i libri e la carta stampata; e quali crudeli punizioni ebbero coloro, che operarono il contrario. «Anc’oggi», così la citata scrittura termina il paragrafo che si riferisce a questo soggetto, «anc’oggi