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parte seconda | 497 |
Su-Cêh s’era anche accinto a illustrare alcuni libri classici; i quali trovò che avevano essi pure molta analogia con gli scritti di Lao-tse. Insomma, secondo quel che afferma anche Cu-tse,1 il fine che si propose questo filosofo, fu di tentare l’unione delle dottrine del Confucianesimo e del Taoismo, per metterle poi in armonia con le teorie buddhiche. Questa unione, o meglio questa confusione delle tre dottrine, avvenne in fatti; ma non tanto per opera di Su-Cêh, quanto per opera di quel gran manipolatore di credenze religiose, che è il volgo. Tale unione e tale accordo, negati da’ seguaci della scuola de’ letterati, sono pienissimi nella odierna religione taose; e il libro che ora stiamo per esaminare, che è il testo più importante dopo il Tao-tê-king, ce ne porgerà la prova.
L’autore di quest’operetta, che s’intitola Thai-shang-Kan-ying-phien, è sconosciuto. In Europa si tenne per alcun tempo che fosse scrittura di un certo Wang-siung; ma uscita per le stampe la traduzione del Julien, ivi si corresse l’errore, nel quale incorse il traduttore antecedente. Parecchi taosi hanno commentato questo libriccino; la cui pubblicazione e la diffusione son tenute in Cina opere meritorie, in virtù delle quali il Cielo perdona agli uomini molti peccati: e spesso accade che diverse pie persone si uniscono per supplire alle spese occorrenti all’edizione del volume, dove non si tralascia di ricordare con onore i loro nomi.
Il testo è di frequente accompagnato, oltre che da un commento, da una raccolta di qualche centinaio di novelle, le quali vogliono addimostrare con l’esempio la veracità delle sentenze morali, alle quali stanno come illustrazione. Il Julien ha tradotta in francese una di que-
- ↑ Citato nel Wên-hsien-thung-khao, lib. 211, f, 11 v.