Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/557

480 parte seconda

Questa Natura taose cieca ed inerte è pertanto buona di per sè medesima. La bontà originaria della Natura è un concetto, che i seguaci del Tao hanno comune con quelli della scuola classica. Se non che, secondo gli ultimi è di mestieri all’uomo conoscere le leggi naturali, adoprarsi a osservarle, e aiutare quasi la natura stessa a operare; secondo Lao-tse, basta non opporre ostacoli di sorta al libero svolgimento di quella. Laonde Confucio vuol che l’uomo indirizzi le proprie azioni conformemente a’ naturali ordinamenti; Lao-tse predica invece l’assoluta inazione. La Natura, a suo dire, lasciata a sè stessa darebbe nascimento a un mondo sovranamente perfetto; ma gli uomini sono un impedimento alla manifestazione spontanea di lei; le loro azioni non son altro che vincoli posti alla libertà della natura.

Sembra che secondo il concetto di Lao-kün, la Natura avesse in sè stessa potenza e virtù da comporre e ordinare il mondo fisico e il morale. Ma perchè essa operi è necessario che sia libera di commuoversi, svolgersi, e formarsi spontaneamente; laonde il Tao, il Cielo e il Santo devono con ogni possa tutelare questa sacra libertà della natura. Un ostacolo che si frapponga allo spedito e spontaneo procedere di lei, è come interrompere il continuato lavorìo della creazione. Per la qual cosa noi troviamo, nel libro del nostro filosofo, sempre ripetuta questa verità fondamentale, che il Tao, il Cielo e il Santo sono in uno stato di assoluta inazione. La sola cosa utile ed efficace, la sola cosa infallibile e onnipossente è il non-operare.1 — «Quando il Santo pratica il non-operare, ogni pubblica faccenda procede a dovere.... Colui che opera può fallire, o perder quel che


  1. Tao-tê-king, cap. xxxviii, xliii, xlviii, lxiv, lxxiii e altrove.