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parte seconda | 479 |
e lo studio, è per metterci su la strada del vero. Quanto a’ perversi uomini di Thsin, ben vediamo che tennero in non cale e Amore e Giustizia, ma non si dettero per questo a praticare il Tao; vediamo che abbandonarono la cortesia e lo studio, ma si tennero però ben lontani dalla verità».1
Torniamo al Tao. Dopo quanto abbiamo riferito intorno a questa espressione, mi sembra evidente di non potere star con coloro, i quali, tenendosi all’opinione del Rémusat, chiamano i Taosi settari della Ragione, Razionalisti. Secondo questo autore il Tao vuol significare «la raison primordiale, l’intelligence qui a formé le monde, et qui le régit comme l’esprit régit le corps».2 Egli trova che anche il λόγος di Platone, e la ragione universale di Zenone e di Cleante hanno molta analogia col Tao. Il Julien traduce di frequente il vocabolo, di cui ora discorriamo, con la parola «Via»; infatti, in alcuni passi, è questo il suo proprio significato; ma non è il solo. E il lettore che avrà percorsi i brani che abbiamo arrecati di sopra, converrà meco che è impossibile rendere correttamente una simile voce; e che il meglio da farsi è lasciarla tal quale, senza tradurla. Ma se qualche parola delle nostre si volesse far corrispondere al monosillabo Tao, io forse sceglierei «Natura»; nel senso che l’hanno usata alcuni filosofi: cioè come principio universale degli esseri, i quali emanano dal suo seno e vi ritornano: principio privo di pensiero e d’intelligenza, come appunto si dice essere il Tao. Il quale i più antichi filosofi di questa scuola lo qualificano non solo sprovvisto d’azione, ma anche di giustizia e d’intelligenza.3
- ↑ Tao-tê-king, commento al cap. xxxviii.
- ↑ Rémusat, Mémoire sur Lao-tse, pag. 19.
- ↑ Vedi Julien, op. cit., pag. xiii.
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