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parte seconda | 477 |
tre produsse tutte le cose».1 L’unità è il tempo, in cui il Tao cominciò a rivelarsi a sè stesso, per dar principio al mondo; il due è lo Yin-Yang o la potenza fecondatrice e produttrice, il tre sta a dir l’armonia che nasce da’ due principii, Yin e Yang ora detti, che si congiunsero per procreare le cose; le quali non son altro che «l’essenza condensata di quest’armonia».2
Il Tao fu innanzi che esistesse tutto, è da per tutto, ed è il sommo principio di tutto. Esso è il non-essere, la perfetta unità, il senza-nome. Quando il Tao cominciò a essere, a dividersi, a dar forma e figura all’universo, allora divenne potenza, divenne virtù, ebbe nome, e si chiamò Tè. La virtù e la potenza, manifestazione del Tao, è il non-fare.
Il Tao è la perfezione. Ogni alterazione, benchè minima, di quell’unità perfetta, è imperfezione, difetto, peccato. Il buono e il cattivo, il brutto e il bello, il vizio e la virtù sono indistintamente altrettanti difetti di fronte al Tao: sono gradi più o meno grandi di male. Il Tao non è buono, non è bello, non ha virtù: il Tao è il senza-nome. Tutto quaggiù è relativo: di assoluto non v’è che il non-essere (o il Tao) e il non-fare (o il Tê), che è la schietta manifestazione del primo. Il resto si riduce a espressioni negative di que’ due concetti, che soli esistono realmente e veramente. «Da che il Tao s’indebolì, nacque nel mondo la Virtù; da che questa venne meno, nacque l’Amore; caduto in difetto anche questo, venne in sua vece la Equità; diminuitasi pur essa, cominciò la Cortesia; la quale è una studiata e artificiosa maniera d’addimostrare una virtù, che non è più in