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474 parte seconda

pienza;1 e il savio che è giunto a possederla sì chiama Tao-jên, «Uomo della Scienza».2

Quel che sia il Tao, secondo la dottrina di Lao-tse, lo vedremo ora con le parole stesse di questo filosofo. — «Il Tao è vago, confuso, profondo, oscuro, vuoto, puro;3 acromo, afono, incorporeo,4 inesauribile.5 È eterno, innominabile: appartiene al non-essere: e si può chiamare una forma senza forma, un’immagine senza immagine.6 Egli è sparso per tutto l’universo».7 — Questo Tao, come è facile accorgersi, non ha nulla di comune col Tao dell’antico Confucianesimo, nè con quello de’ filosofi del tempo de’ Sung. Lao-tse distingue fin dapprincipio del suo libro il Tao ordinario, che è la via della giustizia, della carità ecc., dal Tao eterno, sublime, inesprimibile, che non può esser definito. — «Il Tao che può essere espresso con parola, non è il Tao eterno; come il Verbo che può essere espresso con parola, non è il Verbo eterno».8


  1. Vedi pag. 34 e seg.
  2. Tao-jên, secondo i dizionari indigeni, è colui che ha acquistato il Tao o la Bôdhi; Tao-cê, colui che, abbandonato il mondo, s’è dato alla ricerca della scienza, Bôdhi; Tao-shi è colui che pratica il Tao, ed è il termine usato per designare i seguaci delle dottrine di Lao-tse.
  3. Tao-té-king, capitoli iv e xxi.
  4. Ibidem, cap. xiv.
  5. Ibidem, cap. xxxv.
  6. Ibidem, cap. xiv.
  7. Ibidem, cap. xxxii.
  8. In cinese Ming «Nome», parola composta di due elementi, uno che vuol dire «notte», l’altro che vuol dir bocca; perchè, dicono i dizionarii, l’oscurità della notte, impedendo agli uomini di vedersi l’un l’altro, sono costretti ad adoperar la bocca, e nominarsi. Khang-lisi-tse-tien, clas. 30, fol. 11 v.