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472 parte seconda

A ogni frase pare che egli si piaccia di dire tutto il contrario di quello che gli uomini son soliti di credere; e non dubita affermare, che «le parole giuste sono in fondo le più contrarie alla ragione».1 Persuaso di questa bella verità, egli ne dice delle curiose, alcune delle quali merita il conto di riferire, come saggio delle altre.

«Quando le pubbliche faccende sono in mano di gente di corta intelligenza e di poco sapere, il popolo prospera ed è felice; quando in vece sono in mano di gente di molto intelletto e molta scienza, il popolo manca eziandio del necessario.

La felicità nasce dalla sventura; e la sventura è nascosta in seno alla felicità.

Se non avrete in alcun conto la saviezza e la prudenza, il popolo sarà cento volte più felice. Se terrete in non cale la carità e la giustizia, il popolo tornerà a praticare la filiale osservanza. Se non farete caso del guadagno e delle ricchezze, i ladri e i malandrini diventeranno galantuomini.

Per vincere non si deve combattere. — Il più gran capitano è colui che ha meno ardor bellicoso. — Un forte esercito non riporterà mai vittoria».2

Non intendiamo dire che la scrittura, la quale ora siamo per esporre, sia un ammasso di pazzie; ci sarà, se vogliamo, poco di quel che si suol chiamare senso comune, ma il buon senso non manca di certo. Lao-tse era un filosofo che non la pensava come gli altri del tempo suo, e nemmeno forse come nessuno de’ tempi moderni, che è tutto dire; ma in paragon di tant’altri, sì d’oriente come d’occidente, fa la figura di uomo abbastanza savio e ragionevole.



  1. Tao-tê-king, cap. lxxviii, in fine.
  2. Ibidem, capitoli xix, lviii, lxviii, lxxvi.