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parte seconda | 393 |
divulgarono libri in fioritissimo stile, i quali perciò avidamante letti ne continuarono la Setta e fecer loro discepoli e seguaci una non piccola parte dell’ordine de’ Letterati».
L’accusa data a’ letterati di questo tempo, d’aver portato un mutamento tanto radicale nelle dottrine di Confucio, non mi par molto fondata. Gli Dii sono gelosi, sospettosi, permalosi, e non soffrono che venga loro, non che diminuita la potenza, tolto affatto il comando delle cose del mondo. Se il Thien e lo Shang-ti fossero stati veri e proprii Dii: se il concetto di Dio fosse stato chiaramente e indubitatamente espresso ne’ King, alcuni filosofi non sarebbero valsi a escluderlo dalla dottrina, non d’una accademia o d’una scuola, ma di tutta quella parte del popolo cinese, che pratica il Confucianesimo. I più de’ credenti si sarebber levati in difesa del vecchio Shang-ti, contro chi tentava di distruggerlo; dove non gli si fosse sostituito altro Dio più giovane e più adatto a’ tempi. Invece le idee della nuova scuola prevalsero; e le voci in favore di questo preteso Jehova cinese, anche in Cina, furon poche e deboli; e l’odierno Confucianesimo (delle tre religioni dell’Impero di Mezzo quella professata dalla classe più culta e civile) è appunto quello rinvigorito, non guasto, da’ filosofi che fiorirono sotto il regno de’ nominati monarchi. Se dunque s’avesse a credere ciò che molti pretendono, che i detti filosofi abbian corrotte le credenze de’ primi Cinesi, togliendo il vecchio Dio delle lor vecchie scritture; converrebbe pur credere che d’un tal Dio se ne facesse poco conto, poichè fu cosa tanto agevole cacciarlo in bando, senza che la coscienza pubblica ne fosse spaventata e sconvolta. Ora, trattandosi d’un personaggio di simil genere, tra il farne poco conto e il non farne alcuno, il divario non è grande;