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xlii introduzione

sia e nella Siria».1 Altri vanno anche più lontano, e fanno passeggiare il nostro filosofo Cinese per le vie d’Atene, ov’era andato, secondo loro, a cercare la scienza presso i Greci. Quantunque tutto ciò possa eccitare la curiosità di un lettore europeo, e vivamente attrarlo, è pur forza convenire, che nelle surriferite asserzioni e supposizioni non v’è nulla di vero. «Ho potuto riconoscere, dice il Julien, in modo incontrastabilissimo, che tutte le tradizioni circa questi viaggi non hanno altra origine, che nella leggenda favolosa di Lao-ze composta da Ko-hong, quasi dieci secoli dopo la sua morte, cioè a dire l’anno 350 d. C.: leggenda che il detto Ko-hong pose in testa alla sua Storia mitologica degli Dei e degl’immortali».2

Le dottrine di Lao-ze si trasformarono col tempo in una religione, che non conservò per memoria della sua origine che il nome. Gl’intendimenti del fondatore vennero interpretati in guisa strana; e l’oscurità e l’incertezza d’alcuni passi del suo libro, dovute alla concisione e profondità del testo, si prestavano a maraviglia per innalzare un fantastico edificio di pratiche superstiziose e di credenze ridicole. I settarii del Tao, scrive un autore, sono rispetto a Lao-


  1. Mémoire sur Lao-tseu p. 12.
  2. Le livre de la voie et de la vertu. p. ix.