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376 | parte seconda |
di commiserazione alla vista degli altrui mali. Supponete che un uomo anche perverso di cuore vegga un bambino in estremo pericolo di cadere in un pozzo: correre a salvarlo sarà il primo suo moto; e ciò non essendo possibile, egli si sentirà stretto il cuore da compassione angosciosa. Nè questo affetto gli verrà da speranze di acquistarsi la grazia dei genitori del fanciullo o l’approvazione degli amici, ma solo da un’interna irresistibile forza. Il sentimento della commiserazione, che è il principio della benevolenza, è dunque innato ed essenziale nell’uomo. — Un avversario non si acqueta alla stringente prova di questo esempio, e per dimostrare che la benevolenza non è frutto di natura, ma di artificiale educazione, dice che, come del legno di un albero si può fare una tazza, così dal cuore dell’uomo si può ottenere benevolenza; ma come gli alberi per natura non producono tazze, così gli uomini non sono naturalmente benevoli. Al che Menzio risponde: Potete voi far tazze da un albero, lasciando intatta la natura di questo? Voi sarete costretto a fargli violenza, inciderlo, danneggiarlo. Or dovrete voi fare il medesimo per ottenere benevolenza dal cuore dell’uomo? Aimè! le vostre parole indurrebbero a concludere che i buoni sentimenti son danno e sventura.
«Ma l’avversario insiste: La natura dell’uomo è come acqua stagnante in luogo chiuso; aprite all’acqua un’uscita dalla parte di levante, e l’acqua correrà a levante; apritegliene una a ponente, e correrà nello stesso modo a ponente; la natura dell’uomo non è proclive al bene o al male più che l’acqua non tenda al levante o al ponente. — Si certo, ripiglia Menzio; ma l’acqua scorrerà essa indifferentemente all’insù o all’ingiù? È natura dell’acqua scorrer sempre all’ingiù, com’è natura del-