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370 | parte seconda |
arrischiarsi alla vita pubblica; ma chi non conosce onestà per sè, con che faccia si fa egli innanzi agli altri, a’ quali deve essere esempio di lealtà e schiettezza (xiii, 13)?
Quel che essenzialmente importa nell’amministrare le faccende dello Stato, è la proprietà di parola. Quando una cosa non si sa, non si dica; ma nel resto, ogni parola sia appropriata alla cosa. Altrimenti accade, che il linguaggio non esponendo con chiarezza il fatto che importa, gli affari non si disbrigano; le Leggi male interpretate non hanno vigore; le punizioni colpiscono a sproposito, e il popolo non sa più quel che abbia a fare. Per la qual cosa il vero uomo di Stato pensa alla parola, prima di dirla; pensa a quel che dice, e poi opera. I suoi discorsi non sono mai inutili e fuor di proposito (xiii, 3, 1-6).
Nello Stato ognuno deve far l’obbligo suo secondo la propria condizione: non più nè meno. Il principe faccia il principe, il ministro faccia il ministro, il padre di famiglia faccia il padre di famiglia (xii, 11).
Il sovrano sia esempio d’ogni virtù, e adoperi ogni sua forza a vantaggio del popolo (xiii, 1).
Una volta un re domandò a Confucio: Se io a punizione de’ malvagi e a vantaggio de’ buoni uso la morte, vi pare egli ben fatto? — Che bisogno avete d’uccidere, per governare?, rispose il filosofo. Desiderate ardentemente il bene, e il popolo sarà buono. Il popolo è come l’erba, il principe come il vento: l’erba si piega secondo che questo spira (xii, 19).
Per ben governare sono necessarie tre cose: benessere materiale, armi e fiducia in chi regge lo Stato. Se tutte e tre queste cose non si possono avere, convien fare a meno delle armi; ma se anche le vettovaglie ve-