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introduzione xxxvii

offerti dai secoli anteriori, e rimetterli sotto gli occhi della nazione; nel Libro de’ riti sottopone a regole costanti e inviolabili i costumi, gli usi, le feste, le cerimonie, ogni atto insomma della vita pubblica e privata.1


Mentre Confucio meditava sulla saviezza degli antichi; e, volgendo in mente il pensiero di riformare i costumi della sua nazione, andava visitando le corti dei principi feudatarii; un altro uomo, che più tardi doveva essergli rivale nella fama, già inoltrato negli anni, afflitto pur esso per lo stato miserando del governo e del popolo cinese, s’era ritirato a meditare in solitudine sulle follìe degli uomini del tempo suo. A Confucio venne vaghezza di recarsi a visitare il filosofo solitario, il quale aveva nome Lao-ze; ed aprirgli l’animo circa ai suoi intendimenti, e alla volontà ch’egli aveva di mischiarsi nella vita pubblica, per cercare di riporre in vigore, presso i principi e i grandi del paese, le vere dottrine de’ santi imperatori dell’antichità. Ma non ebbe né conforto, né incoraggiamento all’impresa. «Gli uomini, di cui voi parlate, i saggi antichi, gli rispose Lao-ze, da gran tempo son morti; il loro corpo è distrutto; le loro massime sole rimangono. Esse sono un tesoro per chi le possiede; e


  1. Vedi T. Pavie, Le trois Religions de la Chine.