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introduzione xxxv

ai giusti e agl’ingiusti, per cortesia: ed è la cortesia sirocchia della carità, la quale spegne l’odio e conserva l’amore».1

Queste, in brevissime parole, sono le dottrine principali della metafisica e della morale degli antichi Cinesi, quali le si trovano ne’ libri canonici, dove Confucio dice d’aver registrati gl’insegnamenti de’ savi delle prime età. La Cina, vecchia come il mondo, quantunque si sforzi di eliminare dalla sua storia tutto quello che sa di maraviglioso e di arcano, qui ci presenta essa pure i suoi misteri. Sarebbe infatti difficile dire dove i primi sovrani hanno attinte le dottrine che cangiarono le famiglie e le tribù in popolo; quelle dottrine che il primo dei filosofi cinesi ci dà come la espressione più alta della morale: e che indubitatamente sono. Quando la storia cinese succede alla leggenda, vediamo il germe di una società che incomincia a espandersi; e i libri canonici non vanno più in là di Yao e di Sciun, quando si tratta di portarci alla origine di questi insegnamenti. «Da Yao e Sciun fino a Thang, dice Mencio, passarono cinquecento anni; Yu e Kao-yao videro quegli antichi saggi, e così conobbero le loro dottrine; mentre Thang le imparò per tradizione. Da Thang fino a Wen-wang, passarono altri cinquecento anni; Y-yin e Lai-ciu appresero queste dot-


  1. Fioretti di S. Francesco, cap. xxxvi.