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316 parte seconda

immensa sorgente, da cui ogni cosa procede a suo tempo: egli si può paragonare al Cielo e alla Terra, che contengono e nutrono tutti gli esseri. L’ascosa origine, da cui proviene la sua profonda dottrina, è come l’abisso. Se egli si mostra con la sua possanza, il popolo non può fare a meno di venerarlo; se egli parla, il popolo non può che aver fede nelle sue parole. Laonde la fama delle sue virtù è un oceano, che inonda per ogni verso l’impero; che si estende ai barbari del mezzogiorno e del settentrione, e da per tutto dove le barche o i carri possono andare, dove l’industrie umane hanno penetrato: in ogni parte della terra che il sole illumina».1 Come profezia, le parole del contemporaneo e parente del Filosofo si possono dire avverate; ma se con esse si allude alla fama, che si era acquistata in vita, poco dopo la morte, oltre alla esagerazione rettorica quelle parole contengono anche un errore storico. Durante la vita di Confucio nessuno dei principi che governavano gli Stati cinesi, volle ascoltare le sue dottrine, nè mettersi sulla via da lui tracciata: ed egli pur voleva che dai sovrani incominciasse una nuova èra di moralità per la Cina; poichè senza il loro esempio non credeva che il popolo si potesse convertire alla virtù. — Le dottrine confuciane principiarono a divulgarsi e a pigliar vigore, soltanto dopo che l’ordinamento della Cina venne affatto mutato da un generale rivolgimento politico, di cui terremo parola fra poco.

I discepoli che ebbe Confucio si contano a centinaia, dicono i biografi. Fra essi, settantadue, oppure, secondo altri, settantasette o settantanove, si distinsero più di


  1. Cung-yung, xxx, 2; xxxi, 2, 3, 4.