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xxxiv introduzione

gloria del secolo decimo ottavo,1 l’umanità la si trova predicata ad ogni pagina de’ libri classici della Cina, come fondamento della morale. Domandato un giorno Confucio, da Ze-Kung suo discepolo, se vi fosse una parola, che da se sola avesse potenza di esprimere la condotta di tutta la vita dell’uomo da bene: certo, rispose il maestro, e non v’ha egli forse la parola sciu?2 — Questa parola vuol dire beneficenza e benevolenza; qualità che sono appunto, l’umanità negli atti, e l’umanità ne’ sentimenti, secondo la interpretazione d’un dizionario cinese.3 — E in altro luogo degli scritti del filosofo cinese è detto, che la virtù dell’umanità, consiste nel non fare agli altri quel che non si vorrebbe fatto a noi stessi.4 Dopo l’umanità, la virtù più vivamente raccomandata, in ogni azione della vita, è l’urbanità o cortesia. Questa parola ricorre tanto di frequente nelle pagine de’ moralisti cinesi, e tanta importanza danno alla pratica di essa virtù, che si direbbe la tengano in quell’altissimo conto che ne faceva S. Francesco, al quale l’autore de’ Fioretti fa dire, «che la cortesia è una delle proprietà di Dio, il quale dà il suo Sole e la sua piova


  1. Cousin, Hist. gén. de la philosophie, p. 11-12.
  2. Lũn-yũ, xv, 23.
  3. K’ang-hsi ze-tien, clas. 61, p. 22, recto.
  4. Lũn-yũ, xii, 2.