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parte seconda 287

compagni e sostegni amorosi, è fondato sopra un bisogno fortemente sentito dall’anima. La vita avvenire non sempre basta all’uomo; egli agogna di vivere, come egli può, oltre la tomba, nella mente de’ posteri. Il pensiero d’essere affatto dimenticato appena che egli avrà chiuso gli occhi per sempre, lo sgomenta tanto, quanto il pensiero del nulla dopo la morte. Quell’affannarsi smanioso della gente, che amareggia le poche gioie reali che si potrebbero godere in pace nel mondo, che rende anche più breve la vita umana brevissima, tende in fin fine a questo: che il nome non cada del tutto in oblio, ma si conservi, foss’anche per poco, nella memoria o nel cuore di qualcuno. Ma dove l’onoranza tributata a’ defunti non è tenuta fra’ doveri principali del culto; il capriccio della fortuna, e l’ingratitudine degli affini, rendono il più delle volte inutili le opere e gli affetti, spesi a tal’uopo pe’ nostri simili. I Cinesi, non avendo il conforto di morire con la speranza di rivivere in un mondo migliore, addolcirono il dolore del dipartirsi da questa vita con la certezza di sapere conservata e venerata la loro memoria, almeno dalla loro progenie. Essi innalzarono il culto degli antenati al massimo e fondamentale dovere delle pratiche religiose; e in ogni casa, per quanto povera sia, vi ebbe e vi è un santuario, consacrato a mantenere sempre viva la ricordanza di quelli. — I morti diventano gli Dei delle loro famiglie. — Questo culto, che i missionari cattolici e protestanti, nemici in Cristo e fratelli in intolleranza, sono d’accordo a chiamare una mostruosa idolatria, non esito a trovarlo per eccellenza santo. La famiglia che si raccoglie in quel tempio domestico, per onorare il padre e la madre defunti, e gli altri suoi maggiori, sia pure con sacrificii, offerte o altre cerimonie che più si addicono al culto degli Dei che a quello della memoria degli uomini,


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