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introduzione | xxvii |
disse dell’Egitto, che la divina gioventù degli Yavanas le fu sconosciuta.1 La poesia vi perse senza dubbio; ma se non si reputi veramente necessario, dice un dotto sinologo italiano, di far solo vedere un vero arcano e recondito, narrando l’incredibile e il falso, è pur anche bello lo spettacolo di un gran popolo, che altiero della sua condizione civile mette dinanzi agli occhi le sue origini, e canta un’Eneide di verità.2
Dalle più antiche città dello Scen-sy, dove emersero i primi germi di questa vecchia civiltà, la nazionalità cinese crebbe e si costituì con la sapienza delle buone leggi, dell’industrie, dell’agricoltura; nonostante le guerre con le tribù incolte che occupavano il territorio, di cui essa andava prendendo possesso, le turbolenze interne che l’agitavano per la forma feudale del suo governo; e perfino a cagione degli sconvolgimenti fisici, a cui soggiacque il paese, de’ quali fanno menzione le storie indigene. L’edificio delle sue leggi civili e religiose si deve ai primi reggitori di quel popolo; reggitori che le storie cinesi ci presentano interamente dati al bene pubblico. Essi, riguardati come i più santi e savii uomini che siano apparsi nel mondo, furono e sono di continuo portati ad esempio; e
- ↑ Les antiquités et les fouilles de l’Egypte, nella Revue des deux Mondes, 1865.
- ↑ A. Severini, La morale e la politica di Menzio, nel giornale II Politecnico, fasc. dell’aprile 1867.