peratore Ai-ti, degli Han occidentali (2, av. C.) un letterato per nome Chin-king ricevette da un messaggere degli Yüeh-ti,1 chiamato J-thsun-khou, i libri di Fu-thu (Buddha), e d’allora la Cina ne ebbe contezza, ma non vi ebbero ancora proseliti. — Finalmente si racconta, che nel 7.° anno del suo regno; l’imperatore Ming-ti degli Han orientali (65 d. C.) vide in sogno un uomo d’oro, di grande statura, che aveva al capo un’aureola, il quale andava sorvolando per la reggia. Laonde domandando il sovrano ai cortigiani la cagione del sogno, gli fu detto che ne’ paesi d’Occidente v’era un Dio, il cui nome era Fo, di una statura di sei
piedi, ed era appunto di colore giallo come l’oro. Allora l’imperatore Ming-ti inviò nel Thien-cu (India) due uomini, chiamati l’uno Tshai-yin e l’altro Chin-king, perchè si informassero di questo fatto. Essi vi andarono, si procacciarono i ventiquattro capitoli che formano uno dei libri di Fo2 ed alcune immagini di Shih-kia (Çâkya); e insieme con due Sha-mén (Çramana), che erano Shé-théng (o Mo-tkéng) e Cu-fa-lan, ritornarono in Oriente e andarono a Lo-yang (capitale della Cina al tempo degli Han). Ora, siccome nel ritornarsene al loro paese, i due inviati avevano messo il libro sacro in groppa ad un cavallo bianco, l’imperatore
- ↑ Il paese situato fra le montagne Nan-shan. il fiume Bulunghir e il corso superiore del Huang-ho, che traversava la parte occidentale del Kan-su, era occupato fino dal secolo iii, av. C. da una popolazione di schiatta tibetana, che i Cinesi chiamarono Yüeh-ti; possedevano una parte della Cina e del Tangut, dove formavano un regno possente; ma gli Hiung-nu li sottomessero l’anno 177 av. C. (Vedi p. 108, n.° 2).
- ↑ Questa scrittura, che in cinese porta il titolo Fo-shuo se-shih êrh-cang-king e in tibetano Phagas-pa-dum-bu-e-gañs-pa-es-byabai-mdo, ossia il Sûtra, in quarantadue capitoli delle parole del Buddha, è uno dei più antichi libri, e contiene le dottrine più semplici del primitivo Buddhismo. Ma Tuan-lin ne parla nella sua Enciclopedia nel libro 226, f. 7. — Vedi anche a p. lvii, n. 2 di questo libro.