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234 | parte prima |
I templi buddhici sono chiamati Pagode, Stûpa e Câitya. Il nome di Pagoda, che deriva da Dagoba, corruzione di Dhâtugôpa (luogo dove si conservano reliquie), vien dato non di rado a tutto l’intero convento buddhico, compresa la chiesa, il santuario, l’abitazione dei frati, ecc. Ma il convento propriamente si chiama Vihâra, e nel Nepal coi nomi volgari di Bahi, Bâha o Bâhâl; il tempio sta nel centro del cortile principale del convento stesso. La parola Stûpa, che vuol dire tumulo o mausoleo, viene anche adoperata invece di Pagoda, ed è il luogo dove si serbano alcune reliquie del Buddha. Câitya, che secondo alcuni viene da radice che vuol dire «pensare, considerare», equivarrebbe a monumentum; ma è un nome che si applica in generale agli oggetti del culto, come immagini, alberi sacri, e specialmente templi e santuarii. Le parole Stûpa, Pagoda e Câitya sono spesso indifferentemente adoprate l’una per l’altra. Stûpa sarebbe però il nome dell’edifizio, riguardo alla sua forma; Pagoda (Dhâtugôpa), riguardo alla sua destinazione. Câitya è il nome generico di tali monumenti.
Il Câitya consiste generalmente in un solido emisfero sormontato da una piramide tetragonale, o da un cono, a gradini; i quali spesso sono in numero di tredici, secondo il numero delle regioni dei Bôdhisatva. Sul cono o piramide sta una antenna molto simile al Lingam, per lo più terminata da un ombrello. Quest’ultima parte della struttura del Câitya rappresenta l’Akanishtha bhuvana, o il più alto dei cieli, che è quello d’Adi Buddha: i cinque raggi dell’ombrello simboleggiano i cinque Dhyâni Buddha. Fra l’emisfero e il cono, o piramide, si vede spesso uno zoccolo quadrato; e su ciascuno dei quattro lati stanno scolpiti due occhi (Divyacakshu), che vogliono indicare l’onniscienza del Buddha. L’emisfero è detto garbha, lo zoccolo gala, la piramide cûra mani. — Nell’interno dell’edifizio si trova la cella (Dhâtugarbha), dove si conserva la cassetta delle reliquie (Çarîra) e le sette cose preziose (Sapta ratna). Queste parti essenziali di un Câitya possono variare all’infinito, dando al monumento forme diversissime. Vi sono