Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/279

208 parte prima

Legge». Insegnò dunque al popolo e nella lingua del popolo; e non ai Brâhmani, i quali non lo avrebbero ascoltato; non ai dotti, i quali non avevano bisogno della sua Scienza. La lingua popolare del Magadha, paese dove Gâutama esercitò principalmente la sua predicazione, era il Pali: idioma che è chiamato anch’oggi, dai Birmani e dai Siamesi, Magada basa o Magada phatha. In quel reame il Sanscrito, a quel tempo, non era più la lingua parlata, ma quella dei dotti: una lingua come fu il Greco in Alessandria, e il Latino fra noi nel Medio evo.

Ma ammesso, come del resto è assai naturale, che Çâkyamuni abbia predicato in lingua vernacola, chi potrebbe conchiudere, che i libri buddhici originariamente fossero stati scritti in Pali? La predicazione e la propagazione della religione è cosa ben diversa dalla elaborazione di quei principii e di quelle dottrine, su cui essa si fonda. La predicazione può essere stata in volgare, ma i dommi filosofici, che formano la base del credo popolare, è assai verosimile che fossero ridotti a sistema per mezzo della lingua sanscrita. Così l’Hodgson è di parere, che i Buddhisti adoperassero le due lingue: la volgare, usata dai missionarii per l’opera di propagazione, la classica, usata dai filosofi per stabilire i principii della dottrina.

Comunque sia, è oramai notissimo che le scritture sacre, quali si conservano oggi, debbono riferirsi a due compilazioni. L’una in Sanscrito, che si conserva nei monasteri del Nepal, e fa autorità presso i Buddhisti del settentrione e dell’occidente dell’India; l’altra in Pali, che si conserva nel Ceyloni, ed è il codice sacro dei popoli dell’Indo-Cina, eccetto gli Annamiti, e del Ceylon stesso. Le dottrine, che si contengono in queste due collezioni di libri, furono elaborate e stabilite nei quattro concilii, di cui discorremmo a suo luogo; il prima dei quali fu tenuto subilo dopo la morte di Çâkyarauni nella città di Râjagriha; il secondo venne adunato dal re Kâlâçôka nella città di Vâiçalî, cento anni dopo il primo; l’altro si tenne, nel iii secolo innanzi l’èra nostra, a Pataliputra, per comandamento del re Dharmaçôka; e il quarto finalmente, che accadde quattrocento anni dopo il nirvâna del Buddha,