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parte prima 203

tanto dello spirito o dell’anima, quanto del corpo. E questo emerge come naturale e necessaria conseguenza dalla natura della dottrina insegnata da Çâkyamuni, e dalle più antiche scritture canoniche che ci tramandarono quegli insegnamenti.

   II. La parola nirvâna è adoperata nei libri buddhici per indicare non solo lo stato di annullamento dell’essere, ma ancora lo stato dello spirito umano nel periodo che precede cotale annullamento. A quest’ultimo stato si devono riferire tutti i passi delle scritture, dove, parlando di Nirvâna, si fa allusione ad un modo qualsiasi di esistenza.

  III. In un periodo più recente, quando si svolsero liberamente in mezzo al Buddhismo varie scuole filosofiche, e quando per la parte metafisica il sistema di Çâkyamuni si avvicinò al brahmanico, il vocabolo nirvâna perdè, in alcune sètte almeno, il primitivo valore e significato; e passò ad esprimere un concetto, che si può accordare con quello che alcuni si ostinano a vedere generalmente in esso vocabolo, e che esprime cioè una esistenza di beatitudine e di riposo, eternamente trascorsa in seno ad un’essenza universale e divina.