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198 parte prima

il primitivo concetto del Nirvâna, quale era nella mente del Buddha. Queste quattro scuole, di cui ho tenuto: parola nel capitolo precedente, sono distinte coi nomi Svâbhâvika, Aiçvarika, Yâtnika e Kârmika. La Svâbhâvika è la più antica dottrina filosofica uscita dal Buddismo; e per conseguenza ad essa, come vedremo, meglio si addice lo ammettere il Nirvâna nel suo originario significato. Secondo questa scuola, non esiste che la materia e due modi di essa: cioè lo stato di attività, chiamato Pravritti, e lo stato di riposo, detto Nirvritti. Tutte le cose procedono da Svâbhâva1 (natura), e sono da lei governate e conservate. L’energia intrinseca della materia, o la somma delle forze della materia stessa, in virtù della quale Svâbhâva opera, è detta Upaya. Quando essa, dal suo stato proprio e durevole di riposo, passa a quello transitorio e casuale di attività, produce spontaneamente tutte le forme e tutti i fenomeni che appaiono nel mondo; i quali cessano e scompariscono, quando la potenza della natura dallo stato di Pravritti o attività, ritorna a quello di Nirvritti o riposo. Il principio universale nello stato di attività o di Pravritti è detto Avidâya (ignoranza); poichè, secondo il Mahâyâna, ogni forma ed ogni manifestazione mondana, sono tenute come insussistenti: come apparenze create dall’ignoranza che offusca la mente umana. La rivoluzione dei due stati di attività e di riposo, di Pravritti e Nirvritti, è eterna, e produce quel continuo avvicendarsi dell’essere e non essere, del costituirsi e del disfarsi delle forme della natura, in cui consiste la vita dell’universo. L’uomo può anch’egli giungere allo stato eterno di Nirvritti o di quiete; conoscere il mezzo di arrivarvi è divenire onnisciente o Buddha. L’ubi e il


  1. Da Svâ «proprio» e bhâvâ «natura».