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196 parte prima

di nuovo in mezzo ai suoi discepoli per ammaestrarli; e dove si parla del Nirvâna come di uno stato, in cui «lo spirito si delizia della propria purità», si fa sempre allusione al Nirvâna incompiuto, distinto con la espressione di Kleça nirvâna, o «annichilazione delle umane passioni», e non già del Nirvâna compiuto.

Nel Mahâyâna, l’acquisto della Bhôdi o dell’alta saggezza era necessario alla salvazione finale dell’uomo; imperocchè il mondo, come si è visto, essendo in quel sistema riguardato come un prodotto di mente inferma e oscurata dalla ignoranza, non poteva esservi altro rimedio, se non che la suprema sapienza venisse ad illuminare lo spirito umano, per farlo accorto come tutto nell’universo sia vano, insussistente, fittizio. Lo stato, nel quale si trova il corpo del Bodhisattva, che è giunto ad acquistare tale eletta scienza, stato che nel sistema Prasanga è detto Nirmânakâya, tiene luogo, presso, i seguaci del Mahâyâna, del Nirvâna imperfetto o Kleça nirvâna. È appunto nello stato di Kleça o Upadiçesia nirvâna, che il Buddha predicò ai suoi uditori; ma che egli, dopo la sua morte e il suo Nirvâna compiuto (Anupadiçesha nirvâna), sia di nuovo apparso ai discepoli, non si trova, asserisce il D’Alwis,1 in nessun libro buddhico; anzi, il Brahmâjâla Sûtra dice chiaramente in proposito: «Finchè il corpo del Tahtâgata (il Buddha), per quanto separato dal gambo dell’esistenza, rimane nel mondo come rimane il frutto ed il fiore per quanto distaccato dallo stelo. Dei e uomini possono vederlo; ma quando la vita è giunta al suo termine, e il corpo del Tathâgata è distrutto, nè gli Dei nè gli uomini possono più vederlo».



  1. Op. cit., p. 51.