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parte prima 185

chiamato Karma, regola quest’eterno moto dall’oceano della vita; delle cui burrascose onde la morte non è liberatrice benefica, perchè Karma, a seconda del bene o del male fatto da qualcuno, lo fa rivivere per una serie incommensurabile d’incarnazioni.

Nel dominio della trasmigrazione non sono solamente compresi gli animali e l’uomo abitatori della terra, ma anche i mostri e i dannati dell’inferno, e gli Dei che popolano le beate regioni del Dêva-lôka e Brahma-lôka. Questi diversi modi di esistenza, subìti nelle varie parti dell’universo buddhico, sono tutti sottoposti alla legge fatale della mutabilità perpetua, sono tutti in un continuo moto di distruzione e di rinnovellamento, di vita e di morte. Inoltre il domma fondamentale del Buddhismo, come l’ho ripetuto le tante volte, insegna che la vita, sotto qualunque forma si manifesti, non è che dolore e miseria; e che questo dolore è retaggio di ogni specie di creature, in qualunque parte dell’universo esse vivano; dell’uomo che ha il dominio dalla terra, come del Dêva che abita le sfere supreme del cielo. Laonde Gâutama, considerando il nascere come la sventura più grande, non poteva scorgere altro conforto che quello di liberarsi dal perenne succedersi di quei rinascimenti, che è tenuto come fatale e doloroso; nè poteva vedere altro rimedio al male che da ogni lato sovrasta, che quello di rompere le ferree mura della prigione, non della vita, ma dell’esistenza (Bhava), estirpando la causa che costringe ogni individuo a rivivere. «Oh religiosi», è scritto in un sûtra «dalla distruzione delle passioni viene la distruzione di upâdâna (l’amore della vita); dalla distruzione di upâdâna resulta la distruzione di bhava o dell’esistenza, e dalla distruzione di bhava ne consegue la distruzione della nascita, della vecchiezza, della