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182 parte prima

che emerga, come conseguenza logica, dalla dottrina del Buddhismo primitivo.

Il Max Müller, che nella sua introduzione al Dhammapada nega recisamente avere Çâkyamuni insegnata agli uomini il nichilismo, affermando che tal dottrina non è che il prodotto di una scuola più moderna, nato dallo svolgimento dell’antico Buddhismo; pure altra volta stabilì che: «per sapere qual fosse l’originario significato di Nirvâna, il miglior partito era ricorrere all’etimologia; di questa parola tecnica».1

La parola Nirvâna non è di conio buddhico; ma si trova già adoprata nella letteratura brahmanica, per indicare l’ultima ricompensa, che tutti i sistemi indiani promettono ai loro seguaci, sia essa il niente assoluto, il riposo eterno, l’assorbimento nella divinità, o il godimento di beni in sfere celesti superne. Laonde si trova esser sinonimo di Moksha, Nirvitti, Apavarga, cioè di liberazione, cessazione di essere, riposo, summum bonum.2 — L’Abhidhânappadîpikâ registra quarantasei sinonimi della parola Nirvâna, adoprati nelle scritture buddhiche, di alcuni dei quali parlerò in breve.3

Nirvâna è parola composta degli elementi nir e va; nir è particella negativa e privativa, va è radice, che significa vento, soffio, moto. Onde l’intero vocabolo vale «non moto», «cessazione del moto, della vita»; o anche «estinto col mezzo di un soffio», come si estingue


  1. Chips front a German Workshop, v. i, p. 283.
  2. Rajendralal Mittra, Lalitavistâra. trad. ingl. p. 25, not. 7. — Max Müller: Chips front a Germ. Work., v. i, p. 283.
  3. Abhidhâ..., Dict. of the Pali lang. by Moggallâna Thero, p. 3 e 4.