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parte prima 161

è l’origine della vita e della trasmigrazione.1 Perciò i filosofi buddhici, come rimedio a questo primo male, causa di tutti gli altri, origine di quella infelicità, della quale Çâkyamuni ha trovato pieno il mondo vivente, proclamano altamente, che il più importante oggetto della meditazione del saggio deve essere lo studio d’ogni Essere in generale, e quello dell’uomo in particolare. Questa conoscenza dell’uomo è la più eminente e nobile parte della scienza; e fa diventare perfetto colui che l’acquista, e meritevole del Nirvâna. La Scienza o la conoscenza del bene e del male, che fu secondo la narrazione biblica l’origine della morte e della infelicità, è qui il solo mezzo per liberarsi dalla morte e dai dolori che travagliano la vita umana: ella è germe d’ogni bene.

Il filosofo buddhista procede a questo modo nell’analisi degli esseri, oggetto della sua meditazione.

Tutti i viventi dei tre mondi. Cielo, Terra e Inferno, non hanno in sè stessi che due cose, Rûpa e Nâma. Per Rûpa s’intende la forma e la materia dell’Essere; cioè a dire tutto quello che è capace di esser distrutto, per intervento d’una causa secondaria. Nâma è la cosa, la cui natura si fa conoscere alla mente, per mezzo di Manas, o del principio intellettivo.2

L’uomo si forma di cinque parti, che si chiamano i cinque Skandha.3 Essi sono: 1.° il corpo o la materia organizzata, cioè il Rûpa; 2.° la sensazione, Vêdanâ; 3.° la percezione, Samjňâ; 4.° l’immaginazione, Sam-


  1. Vedi il cap. i, e più sotto, in questo medesimo capitolo, la dottrina dei dodici Nidana o cause.
  2. Bigandet, p. 454.
  3. Skandha, Pali Khande. In Tibetano Phung-po, «heap, pile, cluster, mass.». (Csoma: A Dictionary Tibetan and English p. 85. — Jaeschke: Tib. and Engl. Dict., p. 99).