vimâna si era appena formato, un Essere, sia perchè il termine della sua esistenza nell’Abhâsvara fosse arrivato, o perchè, venutigli meno i meriti, non gli fosse concesso di compiervi il corso della sua esistenza, fatto sta che cessò di vivere nel Abhâsvara, e rinacque nel Brahma-vimâna, che era tuttavia inabitato. Quivi esisteva come un ente spirituale: i suoi piaceri erano intellettuali: era risplendente, si librava nell’aria, e, per molto tempo, gioì d’una continuata felicità. Dopo molti e molti anni, che egli aveva vissuto così in solitudine, gli prese forte desiderio d’avere un compagno, e disse: Vorrei che un’altra creatura abitasse pure essa in questo mondo. — Il caso fece che un Essere terminasse la sua esistenza nel Abhâsvara, e andasse appunto ad abitare nel Brahma-vimâna, in vicinanza del primo. Tutti e due erano spirituali, aveano piaceri intellettivi, si libravano nell’aria, e godevano felicità. Quando i seguenti pensieri nacquero nella mente di colui che fu il primo ad abitare il Brahmalôka: Io sono Brahman, si disse egli, il gran Brahman, il supremo, l’invincibile, l’onnisciente, il governatore di tutte le cose, il signore di tutto. Io sono il fattore, il creatore del mondo, io sono il capo, l’ordinatore, il regolatore, il padre dell’universo. Quest’Essere che qui venne è stato fatto da me. Ecco ch’io dissi: vovrei che un’altra creatura venisse in questo luogo; e col solo atto della mia volontà essa è venuta. D’altra parte, l’Essere nuovo venuto, e gli altri che vennero poi, pensavano fra se stessi: Questi è Brahman, il gran Brahman, il supremo, l’invincibile, l’onnisciente, il regolatore, il creatore di tutto. Egli è il capo, l’ordinatore di tutte le cose, il padre dell’universo. Noi siamo creati da lui, perchè egli qui fu il