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132 parte prima

ligioso che è giunto al quarto Dhyana, «ha il potere di crearsi, una figura simile a lui ne’ sensi e nelle membra».1

A proposito ora di questi Dhyana, dì cui abbiam tenuto parola, di sopra, è pur curioso notare il rapporto che c’è tra questo modo di contemplazione che conduce all’estasi buddhica, e l’estasi che ci descrive S. Teresa. Ella pure distingueva contemplazione in quattro periodi, come i quattro Dhyana de’ seguaci di Gâutama. Durante il primo periodo, ella dice, bisogna cercare di fare a poco a poco morire il desiderio diivedere e di pensare, e devesi concentrare la mente soltanto nell’idea di Dio. Questo primo stato è il più penoso degli altri; imperocchè, quantunque il penitente faccia ogni sforzo per separarsi da tutti gli affetti, da tutte le passioni, da tutti i vincoli che la legano alla vita, l’eco del mondo giunge pur sempre ai suoi orecchi, gli commuove i sensi, e le tentazioni lo assalgono. Arriva però il secondo periodo, che S. Teresa chiama il periodo della quiete; nel quale il piacere della contemplazione è grandissimo: «e la consolazione è tanto viva, che anche le lacrime che Dio ci manda sgorgano dolcissime, e l’anima perde ogni desiderio delle cose di questo mondo». Nel terzo periodo poi, se i piedi restano pur tuttavia interra, la testa s’è già esaltata al cielo; perchè tutte le facoltà della mente sono occupate in Dio, nè d’altro sono capaci. «Restano assopite le potenze della volontà, dell’intendimento, della memoria e della immaginazione; e l’anima gode una soavità e un piacere ineffabile». Questo stato è «un delirio glorioso, una follia celeste, d’onde s’apprende la vera saviezza». Al quarto periodo, in fine, quando la mente è arrivata all’ultimo grado di esaltazione,


  1. S. Hardy, The Leg. and Theor. of the Bud., p. 181.