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e ne ho riportate le parole, perchè il più fervente Bhikshu della scuola contemplativa Buddhica, potrebbe farle sue. Del resto l’agiografia cristiana, da’ tempi della Tebaide ai tempi moderni, ci offre infiniti esempi da mettere a riscontro con quegli degli asceti d’oriente.

Sarebbe inutile pertanto, o fuori di luogo, il fare qui un confronto tra gli esercizii religiosi di credenze così diverse, destinati a produrre nelle anime appassionate di misticismo, quel fenomeno che vien detto estasi. Ma vi sono certe analogie che mi piace di far notare. Prima di tutto Brahmani, Buddhisti e Cristiani sono d’accordo che bisogna concentrare il pensiero in una idea fissa, sia l’Essenza universale de’ primi, il Nirvâna de’ secondi, o il Dio personale degli altri. Rompere poi i legami che ci uniscono al mondo, procacciare con alcune pratiche, quasi le stesse per tutti, un’alterazione nelle facoltà mentali, produrre così delle allucinazioni eccitando con appositi esercizii la immaginazione del devoto; tali sono i mezzi che tutti i fanatici di queste religioni adoperano, per separarsi e astrarsi dalle cose terrene. Il risultamento di queste pratiche è spesso il medesimo. Tra le altre, per esempio, Simeone abbate sostiene, che dandosi alla contemplazione in quella guisa ch’egli insegna, s’arriva a vedere la propria anima, o un altro sè stesso. E il Sâmanya phala, scrittura buddhica, assicura, che il re-


    degli Omfalopsichici o Umbilicari. Incominciò nel XI secolo e si rinnovò nel XIV, specialmente a Costantinopoli. I monaci del monte Athos appartennero un tempo a questa setta, a’ cui seguaci fu dato, insieme con quelli d’altre sette congeneri, il nome Esicasti. Questi Omfalopsichici dicevano che la luce, che essi credevano vedere nelle loro viscere, era la luce del Monte Taborre, la quale apparve agli Apostoli durante la Trasfigurazione di Gesù.