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128 | parte prima |
intorno alle cose del mondo visibile; con quello di Samâpatti; altri quattro su quelle del mondo invisibile. Il primo grado Dhyâda produce, dicono, un sentimento intimo di felicità che nasce nell’animo del devoto, quando egli si sente atto a conoscere a fondo la vera natura delle cose. Colui che possiede questa prima potenza della contemplazione, ragiona e giudica ancora, ma incomincia già a distaccarsi da ogni desiderio, eccetto da quel del Nirvâna, la cui meditazione lo getta in un’estasi, che lo aiuta, ad elevarsi al secondo grado. In questo secondò periodo ogni ragionamento e ogni giudicio è spento: e perfino l’interna soddisfazione del Nirvâna non è più compresa dal devoto. Viene il terzo stato: in esso il piacere e la soddisfazione spariscono, e ne subentra una indifferenza per ogni cosa, fin’anche per la felicità che l’intelletto provò nella pratica dei due primi Dhyâna; e solo un benessere fisico inonda il corpo del buddhista, al quale rimane pur tuttavia un residuo di memoria, una coscienza confusa di se stesso; memoria e coscienza che perde, arrivato all’ultimo grado, unitamente al vago sentimento di benessere che provava. Allora libero da ogni piacere e da ogni dolore, il devoto ha perduto fin l’indifferenza, ed è pervenuto all’impassibilità. A questo punto incominciano i quattro periodi del Samâpati. Quivi è chiuso l’accesso ad ogni possibile idea, eccettuatane quella del nulla; e per una contradizione di cui il Buddhismo non si piglia alcuna pena, si manifesta nel devoto una possanza e una conoscenza illimitata, nella quale si confonde il passato, il presente e l’avvenire; e da questo, a cui si aggiunge l’idea predominante del Nirvâna, procede la negazione dei due opposti assoluti, l’esistenza e la non esistenza.
I Buddhisti di questa scuola detta Yôgacânya, dimenticando gli insegnamenti del loro maestro, che non