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122 | parte prima |
Çâkyamuni, e l’avevano conservata in quello scritto, aspettando che gli uomini fossero capaci d’intenderla: fino allora il mondo dovette contentarsi del solo Hinayana, o di ciò che il Buddha aveva spiegato al volgo.
Tutto quello che serve di soggetto alle dottrine del Buddhismo primitivo è osservato nel Mahâyâna sotto un altro aspetto. Il mondo o Sânsâra, che era degno di dispregio e di rinunzia, solo perchè non offre che dolore, pei seguaci del Mahâyâna invece è tale, perchè è privo di realtà e verità, perchè vacuo; laonde niente merita quaggiù la nostra attenzione, e nemmeno un solo dei nostri pensieri. Le parole vuoto e vanità, che erano adoperate nel primo periodo della storia del Buddhismo, a significare la insussistenza d’ogni sorgente mondana di felicità, più tardi invece si adoperarono a significare la non realtà di tutti i fenomeni della natura. — La stessa sorte ebbero pure altre parole, durante questo tramutarsi della dottrina.
Secondo la scuola Mahâyâna, tutto quello che esiste, esiste solo nella nostra immaginazione e perchè abbiamo convenuto che esista; ma non è che un illusione, una vanità.1 — Il mondo deve la sua esistenza alla immaginazione, e alla credenza nella sua realtà.2 Per la qual cosa, devonsi considerare le creature animate solo come visioni, come vane immagini, come il brillare del tremulo riflesso della luna nelle onde di un fiume.3 — Non v’è proprio nulla di reale nella esistenza delle cose, nulla! Tutto è simile all’eco, all’om-