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parte prima | 121 |
Nei tre secoli trascorsi tra Dharmâçôka e l’ultimo dei concilii buddhici, tenuto circa 600 anni dopo la morte di Çâkyamuni, il Buddhismo del nord vide nascere in maggior numero e prosperare, quelle sètte, che il concilio di Pâtilaputra tentò invano ricondurre a una medesima dottrina. Noi non seguiremo queste scuole nella via che percorsero in quei tre secoli, nè terremo dietro ai cambiamenti ai quali andaron soggette; ma noteremo solo un fatto importante nel progredimento della letteratura buddhica, la comparsa cioè nel Cascemir del primo degli Abhidharma, libri che formano oggi una parte ricchissima delle scritture sacre, il quale fu opera di Kâtyâyana, che lo scrisse 500 anni dopo il nirvâna del Buddha, o quasi un secolo avanti l’ultimo concilio.
È tempo ora di cominciare a dir qualcosa intorno al quarto periodo della storia del Buddhismo, che contiene lo svolgimento delle dottrine del Mahâyâna, ossia del Gran veicolo. Tutte le scuole uscite dalla dottrina del Mahâyâna, attribuisconsi l’origine da Nâgârjuna, o Nâgasena come è detto dai Buddhisti del mezzogiorno,1 il quale visse cento anni innanzi l’era nostra. Il punto principale e fondamentale, donde si parte il Mahâyâna, è la Dottrina del vuoto, che ha il nome di Prajňâ pâramitâ, ossia Saggezza che trasporta all’opposta riva del Sânsâra o del mondo. La leggenda dice che Nâgârjuna si procacciasse il libro che spiega questa scienza, e che porta pure il nome di Prajňâ pâramitâ, nel paese dei Draghi; i quali l’avevano appresa dalla bocca stessa di