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parte prima 105

sieduta, secondo alcuni, da Revata, secondo altri, da Sarvakâma o da Ratha (Yaças).1 E oltre a decidere dello scisma, il concilio, che era composto dei più celebri religiosi dei varii conventi che allora esistessero, si occupò anche della revisione delle dottrine e dei regolamenti, che si conservavano tradizionalmente in tutte le differenti comunità, comparando e collazionando i Vinaya.2

Il diciassettesimo o diciottesimo anno del regno di Dharmaçôka (241, 246 o secondo altri 271 dopo la morte del Buddha) si tenne, per opera di quel monarca, un terzo concilio.3 Aveva Dharmaçôka in animo di ravvicinare fra loro le varie sètte, di discutere sopra i punti controversi e dubbiosi della Dottrina, e sopra le varie interpretazioni che le venivano date; e voleva in fine che si compilasse una compiuta raccolta dei libri della Legge: raccolta che contenesse, per quanto fosse possibile, tutti i pensieri e gl’intendimenti del Buddha. A tal fine riunì in Pâtaliputra i più dotti e santi uomini di tutti i paesi, dove la religione di Çâkyamuni si era estesa. Una delle iscrizioni di Priyadarçi, che è un editto indirizzato alla venerabile assemblea del Mâgadha,4 potrebbe fare allusione a questo terzo sinodo; se pure non si riferisce a una di quelle grandi radunanze annue, che si solevano fare dai religiosi, come ce ne informa Megasthene.5 Questo concilio fu presieduto da


  1. Bigandet, p. 368. — Koeppen, i, p. 148.
  2. Fo-kuo-Ki, cap. xxv.
  3. Mahâvança, v. 41.
  4. Questa iscrizione scolpita sur una roccia, fu rinvenuta a Bhabra del colonnello Burt. Si può leggere in Burnouf ii, p. 727; — Lassen, ii, p. 240-41; — Wheeler, op. cit. iii, p. 472.
  5. Strabone, xv, 39.