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parte prima 103

tre dei principali personaggi buddhici, mostra, come osserva Wassiljew, che s’ebbe in animo di appagare la critica; e spinge più che altro a dubitare della veracità di questa tradizione: imperciocchè una compilazione vera delle dottrine di Çâkya, fatta in un tempo così vicino alla morte di lui, poteva far perdere di vista una tal necessità.1

Durante il regno di Kâlâçoka incominciarono alcuni dissensi tra le diverse comunità religiose: lo scisma ebbe principio in Vâiçâli. I monaci che abitavano il convento detto Mahâvana, (Mahâvana vihâra) e che si dice che fossero allora in numero di dieci mila, si messero a capo d’una riforma nella regola dell’ordine religioso, pretendendo che venissero aboliti certi precetti del Vinaya. Dieci erano gli obblighi, da cui essi monaci volevano essere esonerati. Volevano la permissione: 1.° di adoperare il sale od altri condimenti per le loro pietanze; 2.° di poter fare un altro pasto oltre all’unico, cui erano tenuti; 3.° di usar fuori del convento di ciò che in convento non era lecito; 4.° che certe cerimonie si facessero nelle loro rispettive celle, piuttosto che in chiesa; 5.° di poter far qualcosa senza il consenso dei superiori; 6.° che in uno sbaglio commesso si potesse trovare scusa sufficiente in altro simile commesso da un superiore; 7.° di far uso di latte a bere; 8° di usar anche bevande spiritose; 9.° di sedere sopra tappeti o stuoje, e non su la terra nuda; 10.° di poter ricevere in elemosina oro od argento.2


  1. Wassiljew, p. 37-38. — Questo primo concilio è descritto nel Mahâvança, cap. iii, p. 11.
  2. Si trovano alcune differenze circa questi 10 precetti proibitivi, che i monaci dovevano osservare; vedi Schiefner, Gesch. d. Bud. p. 288-289; — Lassen, ii, p. 92 nota 1; — Bigandet, p. 367-368; Mahâvança, loc. cit.