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parte prima 57

parola nella vita di Çâkyamuni, ma giova ritornarvi sopra brevemente. La prima verità afferma che l’esistenza è dolore. Esistere e soffrire sono sinonimi pei buddhisti. Le malattie, la vecchiezza, la morte, dovere aver che fare di continuo con ciò che abbiamo a noia, vedersi sempre allontanati da ciò che amiamo, e le illusioni che nascono dalla falsa conoscenza delle cose, sono, dicono i seguaci di Gâutama, quel che principalmente ci arreca dolore. Ma qual’è la cagione di questo dolore? perchè la vita è una continua sequela di miserie? La causa di questo dolore è il desiderio, dice la seconda delle quattro grandi verità; è una sete febbrile che ci divora, un senso di avidità che ci spinge ora verso un obbietto ora verso un altro, e che mai non si appaga, mai non si sazia, mai non si estingue: anzi continuamente rinasce e si rinnovella. L’unico mezzo di distruggere il dolore è dunque quello di distruggere ogni desiderio e concupiscenza; in ciò consiste la terza verità. La quarta stabilisce che l’estinzione del desiderio, o la distruzione del dolore, trovasi nel Nirvâna; e insegna all’uomo la via che deve condurlo a quella desiderata meta.1 Le quattro verità sono espresse dalle quattro parole: Dukka, il dolore, Samudaya, il prodursi e l’accumularsi (dei dolori), Nirôdha, la distruzione, Mârga, la via.

Quest’ultima è in certo modo la più importante, come quella che insegna a conseguire il sommo bene, e ne diremo perciò qualche parola. «Vi sono due estremi, dice un Sûtra buddhico, l’uno è aspirare alla soddisfazione di tutti i desiderii, a seguire tutti i piaceri, a cercare dappertutto il benessere e la felicità; l’altro è il tormentarci


  1. Bigandet, p. 89.