venerati dai più fanatici, come santi. La religione di Çâkyamuni, per quanto non fosse scevra di errori, si distingueva dagli altri sistemi per la sua semplicità e purezza. I suoi insegnamenti scendevano propizi, quasi pioggia benefica che cada a fecondare un terreno riarso, per ravvivare nell’uman cuore intristito sensi di socievolezza e di umanità: imperocchè il Buddha predicava tutti i precetti che incombono alla carità universale, e una morale che ha la sua espressione nei cinque comandamenti fondamentali: non uccidere, non rubare, non fornicare, non mentire, non ubriacarti. Esortava i suoi uditori a fuggire i falsi maestri, ignoranti della vera legge, a non cercare altra compagnia che del saggio, il quale cammina pei quattro sentieri che menano al Nirvâna: gli eccitava ad essere umili, amorosi, pazienti; e ricordava loro che le afflizioni e i dolori della presente vita sono la giusta punizione del male commesso nelle vite antecedenti; ricordava loro che le buone opere avranno premio nelle esistenze future: esistenze che la legge fatale della trasmigrazione ci riserva, fino a che non ci siam resi degni di rompere per sempre la catena interminabile dei rinascimenti.1 Ad un Dêva, che la leggenda dice fosse apparso una notte al Buddha per richiederlo d’insegnamenti intorno alla dottrina di lui, il Buddha stesso parlò in questi termini: «Oh giovane Dêva, sonovi molte eccellenti cose, a cui uomini e Dei debbono attendere per farsi meritevoli di conseguire lo stato di Nirvâna: fuggire la compagnia degli insani, ricercar quella dei savi, professar rispetto a chi n’è degno, accontentarsi del proprio stato, cercare d’esser sempre capaci di bene operare, procurare d’accre-
- ↑ Wheeler, op. cit., p. 125-126.