della storia dell’India. Çâkyamuni coglieva ogni opportunità che gli si presentasse propizia per le sue conversioni, per guarire le passioni che agitavano il cuore de’ suoi discepoli. Ciò dimostrano molti episodi della sua vita, e fra gli altri il seguente. Mentre il Buddha abitava presso la città di Râjagriha, una celebre cortigiana, di nome Thirima, riempiva il paese della fama della sua bellezza. Ella era o fingeva di essere pia, ed ogni giorno distribuiva in elemosine il cibo quotidiano a moltissimi religiosi, discepoli di Çâkyamuni. Uno di questi monaci, preso da profana curiosità, volse lo sguardo su quella donna, e ne rimase innamorato perdutamente. Il male ebbe a diventare più grave a cagione di quanta avvenne. Thirima ammalò, ma non per questo restò dal sovvenire i monaci coll’elemosina. Se non che, per un eccesso di pietà o di civetteria, volle ella stessa distribuire il cibo nella camera dove giaceva e dal suo letto, esponendo agli sguardi de’ pii visitatori il corpo seminudo, in quell’atteggiamento d’abbandono che più sembravale confacente al suo stato d’ammalata e all’atto di religiosa pietà, che ella supponeva di compiere. Fra gli altri c’era il povero monaco già ferito nel cuore; e non è a dire se il dardo gli penetrasse più profondo. Non mangiava nè beveva più, tenevasi lontano dagli altri suoi confratelli in religione, e non adempiva più gli obblighi che gl’incombevano. Intanto Thirima morì. E il Buddha, desideroso di guarire il suo giovane discepolo, invitò lui e tutti gli altri monaci a visitare la cortigiana, che da quattro giorni giaceva insepolta nella propria casa. Il corpo livido e tumefatto era già tutto un brulicame di vermi, che si vedevano entrare e uscire per la bocca, per le nari, per gli orecchi, per gli occhi, come se l’interno fosse lor casa: dappertutto un fetore intollerabile