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il baretti 93

LETTERA APERTA a un “ami de l’Italie „ Ebbi, giorni fa, un volume, intitolato Le.

Lion A ile, nella consueta uniformo dei romanzi «diti da Plon-Nourrit. Siccome esso porta ùl vo.

8tro nomo sulla copertina, e aveva il vostro gra.

zioso biglietto da visita tra le pagine del frontispizio, suppongo che me lo abbiate fatto man.

dare voi, a fini recensorii. «Il mio libro — voi avete pensato — è di ambiente italiano, ed in esso si parla dell’Italia di oggi con simpatia.

Mandiamone molto copie, por recensione, lag.giù.

Ricevono così di rado libri in omuggio dagli editori’ fraticelli! Resteranno lusingati, ed avrà gratis delle colonne di recensione sui giornali italiani, mentre 9ui giornali parigini mi tocca pagare gli Kchos litri mres un tanto la riga, come lo inserzioni matrimoniali».

Ed eccovi accontentato, signore. Questa colonna non vi costerà niente. Niente, in quanto a denari.

Voi siete, dunque, un ammiratore dcll’Ilalia, un timi ile VItalie, come si dice. Pretendete, poi, di amare l’Italia vivonto, l’Italia della a-zionó, non quella morta, dei musei; descrivete cortei e sagre, uomini politaci e ricevimenti ufficiali: e vi auguralo bhe ben presto, anche nel vostro paese, cioè nel Belgio, si produca un rinnovamento nazionale sul modello di quello italiano.

Noi ci compiacciamo, signore, di questi; vostri giudizi e di questi voti: ma vi preveniamo che non bastano a farci scompisciare di am.

librazione per il vostro romanzo, come forse voi vi siete lusingato. Non tutti gli italiani hanno •quella debolezza di vescica letteraria, su cui voi avete contato.

In qualità di *ami ile VItalie*, avete deciso di scriverò un libro sul nostro paese. Tutti gli tinnì* de VItalie* scrivono dei libri sul nostro paese. Un libro. Un romanzo. Questo romanzo; in cui avete messo a partito tutti gli spunti di qualche vostro viaggio fra noi, e perfino le diciture delle cartoline (illustrate: e poi, la terrazza •del Pincio, donde si vede sin ville imperiale et minte.»; 8an Pietro, con la colonnata del Bernini, a qui premi dans res grands bras Vhumoniti

  • il ristorante del Castello doi Cesari, giù affreschi riscoperti alla Chiesa di Sauta Saba, lo isole di Dalmazia, Zara squi brite ses muvailles pour tnieux respirer VItalie.*, la gondola •dell’Hotel Danieli, e infine il Leone Alato di Zara, con là inscrizione dannunziana. Tonte PItalie, la quale, per un romanzo, è sempre un bel terreno
    per quanto un pò battuto, per quan to un pò troppo sfruttato, da Maurras a Valery, do Barrì* a Paul Jean Jouvo, però sempre un gran bel terreno per un francese.

E infino, nel vostro romanzo, avete messo una donna itakiana, la signora Clara Nerti. La prima volta che l’avete incontrata, vi siete comjwrt ato in questo modo: «Je regardais son visage, qui était gr&c.e ed droiture., et son front de Dotticeli (sic), et set geux à la lloscttih (sic), so»

mentoli romain. C’est cela que se cherchais ìiier.

Elle Unit VItalie et Home. Je songeait: Trois mille, ans de civiliIntroni Mille ans de più* que nons, peut-ètre...» Ecco cosa guardate voialtri amis de VItalie, nelle donne italiane. Ecco cosa pensate voi, quando una bella donna italiana vi passa dinansi: agli anni di civilizzazione elio essa rappresenta. Mille di più, o mille dù mono...

(Et Ics cuisscs? Les jolica cuisscs, ne vous into•resse pas, Monsieur? Oh, tenez, nous avions toujour pensò que 9a vous interesse beaucoup; nous y attachons beaucoup d’importance, c’est un tradition romaino, chez nous, de pcnser aux cnisscs auisri, les trois millu ans de nòtre civiliations ne nous alourdissent pas en cela, ah non [ Meme on parie do cnisscs dans uno chanson guerriere asscz répanduc, qu’on chan tail au front, et scion laqucllc les cnisscs de In femme de chambre, d’uno fenimo de chambre symbolique, cvidcnunciit, 011 voudrait les fairc servir cornine m ringhierò del mio calessino...» Rcmarquez l’hardiesse de cotto Smago, monsieur, 9a pourrnit vous otre utile pour un antro livre).

Del resto poi, quando oravate con la signora Nesti, Clara Ncsti, non pensavate sompro e continuamente a quei tremila anin di civilizzazione, di cui l’avevate fatta, alla prima occhiata, rappresentante e gerente. Uba volta, rilevo a pag.

110 dol vostro romanzo, vi siete accorto che «son ijiaille luisait, si douce tout le. baiter si pur dii eie/»-, un’altra volta, v.oi dito a pag. 129, atout l’étnffe du lèger manteau qu’elle portait toujours en ville sur get robes, je pnutaì tin instant la rondrur du bras tm, un’altra volta, aa travels Ics Hnffe* miners — eh, eh, sempre questi contatti illeciti! — ton corps tonehait le. mien, un’altra volta lo avete detto: laisser mai rngnrde.r vos geux*; e io credo, signore cho anche nel vostro paese, quando si avverte solennemente unrt donna di lasciarsi guardare negli occhi, vuol diro che le si metto le mani sotto la gonnella. Ma per vodcro, sentire, guardalo, 0 faro queste cose così semplici, così ordinarie, C03Ì di ordinaria ammimistrazione amorosa, mio Dio, vi ce no vuole a voi dello sforzo, e dei panorami italiani, 0 dei ricordi romani 1 Non |>otevatc guardarle le spalle lucenti, so lo yacht del Illustre signore Pierre Nothomb, 4, Hue du M e ridir.n Unix riles vostro amoro vagabondo non era in vista dello costo di Dalmazia; non potevate tasteggiarle — mais oui, mais on., allons, c’ctait bion celai — non }>otcvatu tasteggiarle il braccio rotondetto, se non eravate circondali doH’offluvlio mistico del Battistero di Spalato; non potevate sentire quaiit’eru sòda, se non eravate dinanzi agli angeli e ai sunti degli afTrcschi di Santa Saba, sull’A ventino; u fin j>cr guardarla nogkl occhi, cioè — come si sfiora, per il vostro onoro — per metterlo le mani addosso, avevate bisogno per mobilitare tutti 1 ricordi adrialici, e di dirle che i suoi occhi avevano ala couleur de VAitrmti,jiu- % Mai], mai, da quando leggo romanzi, c romanzi francesi, assistetti a una cosi completa utilizzarono di tutto il mio paese — • monti c mari, monumenti e uomini — come scenario per le iniziative amorose di uno scrittore francese; mai, mai, vidi mettere così melliflua’ mente a partito, come (ingredienti o cornice no.

cessaria od una aziono erotica, da parte di uno straniero, i confessionali delle nostre chiese, lo font: battesimali dei nostri duomi, la cronaca poetica dei nostri giornali, le canzoni della no.

atra gioventù, lo corazzate della nostra flotta, e l’ombra dei nostri monumenti. Perfino quando raccontare come, e in qual modo, la signora Giura Nesti vi fece capire che assolutamente non vi voleva in camera al Danieli, voi avete bisogno del Leone Alato di San Marco, del Pax libi Marce Drangelista incus, e delle memorie di Venezia dominatrice dell ’Adriatico I Doma», do e dico, se c’è bisogno di smuovere tanta bella 0 gloriosa roba italiana, per dire che quella notte non vi siete messo (indosso il vostro pigia, ma di seta più elegante; quello delle grandi occasioni; domando e dico se si può essere più saturi, più infarciti, più marci di cattiva letteratura 8ullTtulia, di quanto voi siete, signore!

Questo appunto, vedete, offende gli italiani di gusto non volgare, noi vostro libro, c in tutti 1 libri come il vostro, pur messi insieme con le migliori intenzioni di farci piacere, dì farci onore.

Questo: che voialtri considerate l’Italia, un pò, come il migliore ambiente, il migliore dicor, il miglior contorno, por un romanzo qua.

lunque, per una qualunque storia d’amore, quasi sempre inventata a tavolano; che, gira e rigira, voialtri capitate qui da noi, in corpo 0 in ispirilo, sempre in viaggio di nozze, o con la moglie legittima, o con una signora Ncsti qualunque; e che per giunta, quando onorate dei vostri sguardi una donna italiana, non con.

tenti di guardare la donna, 0 di godcrvela, finche lei ci sta, volete, e pretendete, c dato ad intendere, che quella donna simboleggi l’Italia c Roma- o l’Italia del Rinascimento, o l’Italia d«i Borgia, o l’Italia dei Cesari, o l’Italia doi Comuni, o l’Italia del Settecento, o quella qualunqua Italia su cui voialtri avete letto più libri.

e vi siete fatti una coltura specializzata.

Ver, per esempio, signore, avote letto qualche giornale 0 qualche opuscolo di propaganda fiumana o dalmatica o nazionalista, e vi siete messo in capo di presentare la vostra Signora Nerti corno simbolo dell’Italia rinnovata dol dopo guerra: ■ elle etait VItalie rovinine, jeutie, miise/èe, aliante, jogeusc, pure et Saintr ■; •«elle avail Ir genie de Home*-, «elle etait mie jctinc Vietan e ramaine». Così, quando voi vi compiacele dilungarvi a descrivere come le sentivate tl braccio sotto la vesto o le ginocchia a traverso ales et off et ntinccs»; volete presentarvi non solo corno profittatore di tutta quella grazia di Dio in carne od ossa, ma quasi come amante dell’Italia romana, dol genio di Roma, eccetera; non vi contentate di flòrlirc con una donna di ciccia, no. vorreste flirtare anche con una giovane Vittoria Romana, accompagnate le vostro velleità amorose con le dilettaioni intellettuali; vorreste insomma, descrivere come voi avolo cercato di fare all’amore con una bella signora d’Italia, e come avete anche fornicato con il simbolo dell’Italia. Noi crediamo, elio se davvero foste diventato l’amante di Clara Nerti, non vi sareste appagato, no, di una camera di albergo qualunque: ma una volta avreste voluta possederla in un angolo solitario del letto dol Duomo di Milano, un’altra volta sul terrazzino della Torre pendente a Pisa, un’altra volta in una delle «Cento Camnrellc* della Valle Adriana a Tivoli, un’altra volta sotto la tettoia del Lapis Niger nel Fòro; e così via, avreste voluto consacrare col vostro amore tutti i più famosi asterischi dol Dararl-er, 0 avreste messo insieme, se non un figlio, un nuovo libro sull’Italia, il paese degli amori decorativi p monumentali.

E noialtri s’intende, gonio d’Italia, a far quel tale mestiere. Perchè questa, in fondo in fondo, è pur sempre l’idea che avete di noi; e poveretto, avete bel farci dei complimenti, a proposito e a spro|>osilo, tnnt’ò ci rancato; e il chiodo, cho gli italiani sian contentoni di servir Ha ruffiani, non vi si sconficca di capo.

Oltre tutta Paria del vostro libro, basta un cpi.

sodio j>or provarlo. Ecco come voi descrivete in che modo incontrate l’amato bene in una chiesa di Roma:

• La j/ortr de boit etait fermi e. Je frapjun for1.

Sant diiutc la gardienne. dormilit. Non ]xis. Un large vantaiI s’ouvrit aussittlt. La virili e femme disiiit:

— Signor, la Donna est la depuis longtemps.

— Nife ni’uttcudt lui dis-je en riant. Foie»

eiuq lire*, laissez-moi prier».

Ebbene: vj diremo, signore, che degli appun.

tamenti in Chiesa ne abbiamo, modestamente, avuto qualcuno anche noi (c’cst uno tradition do la civilisation romainc, 9a fait peut-étre trois mil ans qu’on fait l’amour dans Ics ògliso mil alls plus quo chez vous); ma donnette, cho fucessero da mezzano a questa maniera, e così alla svelta, 0 così alla prima, non no abbiamo incontrato mai, mai, mai. Soltanto voialtri francesi, anns de PItalie, quando capotato quag.

giù, lo trovate al fiuto, o forso lo inventate, per quella vecchia idea che vi fate di noi, di cui più sopra si dùceva Trovate tante altro cose, che non esistono! Trovate, per esempio, (pag. -17) dei vetturini romani che vi trattano di Eccellenza; giuriamo che non è vero. Trovate (pag. 158) dei Roldatù che vanno attorno in libera uscita. c passano, • fiera, mangrant det gelati», p anche questo, giuriamo che non ò vero, per la doppia ragione, che non si può pa-ssarc «fieri», montro. si mangia un gelato; e porche i soldati italiani hanno, se permettete, unu elementare nozione della disciplina, che vieta ad essi di passeggiare leccando sorbetti.

Ne trovate tante, di queste coso agre, che se poi od diceste anche conto volte di più che siamo discendenti di Roma, i denti, a noi, restano allegai i lo stesso. Come ci ò successo col vostro romanzo.

E abbiamo finito.

Ah. ancora una cosa. In italiano, si scrive < piatta * e non spiata*, come scrivete voi; •una ear rossa*, e non «uva carozse» amar is.

timo Adriatico*, e non •amarissima Adriatico*; e i fascisti cantano «(Ho vines sa, giovinezza*, e non «Giovenisza, giovenizza •; chà per fargli trovar la rima, bisognerebbe dir poi-«bellizza», 0 non sta. Sono piccole mende; in un capolavoro passerebbero. Ma il vostro romanzo, clic non è davvero una bellezza, 0 neppure, poverino, una bell izza, ne resta schiacciato.

Abbiateci, signore, con molta gratitudine per il gentile dono, che resterà fra i più cari ricordi della nostra attività di pubblicisti di Voi devotissimi.

La Poesia di Gainsborough In un’ipoca in cui il suo grande rivale, Pintelligentissimo Reynolds, creava per gli inglesi una scuola di pittura c di cultura artistica, il destino di Gainsborough fu di lavorare contro corrente. Seppe trovare la sua strada quasi magicamente, nonostante la notte.

Nel suo buon gusto c’è più l’indovino che l’uomo di cultura: tra i fiamminghi (Rubens c specialmente Van Dyck) cercò i suoi maestri, ma l’idea fissa della sua nostalgia gli faceva sognare gli italiani clic avrebbe trovati in un viaggio i» Italia, mai effettuato. L’amore per i toni più freschi dell’ambiguo giovinezza di Tiziano ci sorprende appena si entri nella grande sala della National Gallery o a Wallace.

Anche Hogarth lavorava contro corrente tra tentazioni letterarie, approssimazioni pittoriche c trovate di polemista, ma Hogarth è un uomo antico, consolato dal suo untore bisbetico, dallo sue arrabbiature di moralista, dalle canzonature stesse clic giocano al suo buon scn-o.

In Gainsborough si sente una inquictudin; di decadenza, una malattia sottile di incontentabilità.

Solo la pittura e la musica jiossonc dargli un sorriso pacato, non nutrito di tristi presagi e di commozione dolorosa.

E’ Part sta moderno sereno e inconsolabile, ingenuo e sottile, lavoratore assiduo c insaziato.

E’ pittore nato (ma non pittore facile) Non scrive, non teorizza, non cede alla vita di unti i giorni. L’istinto, messo dinanzi a min tela, sa dove vuole arrivare: e non vi arriva mai, per la tenerezza ch’egli nutre ansiosamente per FinHTabilc. Così le sue ricerche, lì*>«ioni teoriche c non nini organizzate, non tanno toccata la sua grazia, «niella poesia che lo teneva lontano dal perfetto mestiere di Reynolds.

Non si riesce a pensare che Gainsborough potesse fare iit un anno i cento ritratti clic fece Reynolds. Pensoso c mals:ciiro anche riitendo en soggetto egli aveva bisogno che Io seducesse il mistero di una nuova freschezza.

Cercò dunque trepidamente i misteri dei suoi paesaggi idillici come delle sue donne sottilmente enigmatiche: e nulla è più enigmatico della semplicità di nucst’uomo di poche idee, non raffinato, non intollcltiialc.

Si pensa alla sua fnneiulh/zn in una modesta famiglia di provincia. Una famiglia intelligent is siina; padre c madre quasi artisti, due fratelli inventori (di min macchina a vapore c di mi aeroplano). Così ila uni piccola borghesia aperta, singolare, sono verniti quasi tutti gli altri. Hogarth, Reynolds, Turner. Nessuna educazione letteraria pesò sulla loro ispirazione, invece tuia singolare nobiltà c ricevevano dalla loro classo, c nelle famiglie non trovavano contrasto mn orgoglioso consenso.

Si sa clic il padre di Turner si votò a conservare • quadri del figlio.

Nella felice giovinezza l’ispirazione del Gainsborough si annunciò’ infallibile: lu leggenda dice che a quattordici anni aveva disegnato Ilo >,,.ic.sc. Messo a guardia dell’orto paterna.0 schizzo che egli fa in pochi secondi di mi ignoto venuto a rubare servirà per farlo riconoscere ed arrestare. Per fuggire la scuola c andare per i campi sa imitare impcccabilincute la calligrafìa paterna. Poi, sposato felicemente, rinnova a Londra questi prodigi, diventa l’idolo dell’aristocrazia.

Ebbene, questa non è che un’immagine della sua biografia. In questa leggenda goethiana ci riesce impossibile sapere che cosa pensasse quest’uomo per nulla goethjano. Ci piacerebbe immaginare un’altra leggenda più intelligente; la tristezza del suo esilio tra gli uomini, la sua indulgenza affettuosa, la sua fedeltà all’arte e la sua sofferenza costante e sincera sotto Faspetto sereno e il gioco infantile delle emozioni da cui si lasciava prendere.

Questo disegno della sua sotterranea sensibilità trova forse una conferma nelle parole che disse a Reynolds morendo: «Noi andremo lutti in ciclo e Van Dyck sarà lassù I»

Non sapeva trovare nella vita di tutti i giorni.

come Reynolds, una pace laboriosa. Lo inseguiva a Londra il ricordo dei campi, l’idea dei paesaggio. Era disgustato di ritratti. «Ahimè ’ queste belle dame, con il loro «thè» i balli, la caccia al marito, mi ruberanno i mici ultimi dicci anni, c forse senza neanche trovare marito «.

Non poteva piegarsi al mestiere, quando tutta la sua arte era fatta di intuizione pittorica del non compiuto, del non chiarito, del non facile. Così le sue ricerche tecniche furono sempre umili e misteriose. Spesso dipingeva di notte alla luce delle candele. Le questioni di sensibilità e di armonia avevano per lui più fascino che il problema del soggetto: c non cercò mai quadri storici 0 mitologici.

Le donne di Gainsborough non sono meno sensuali o mondane di quelle di Reynolds. Distinguere così i due pittori per varietà sentimentali non sarebbe molto arguto. Invece le donne di Gainsborough sono più limpidamente taglienti, più distinte e distaccate. Onde il loro aspetto di riserbo, di finezza aristocratica, di sconcertante lontananza. Bisogna che questo pittore di paesaggi ambigui sia esaltato dalla bellezza delle principesse clic dovrà ritrarre.

Allora c’è il miracolo clic dice Ruskin: la mano di Gainsborough leggera come una nuvola, rapida colile la luce di un raggio di sole. Perdila, Mrs. Siddons, la famiglia Baillic sono le opere di questo miracolo luminoso. La figura di Mrs. Robinson, Perdila, in dcuil biave, come dice un critico francese, resta inseparabile dalla sottigliezza sconcertante del suo pittore, un primitivo europeo, un capostipite senza passato eppure nostro contemporanco.

Il segreto dei suoi toni d’arge-nto c dei suoi colori freddi appare un poco nel suo metodo di osservazione di espressione. Si affidava al proprio scrupolo per attendere il momento felice e ispirato. Trassi tava tardi lo studio sulla tela definitiva, da più studi predatori ad olio; formava contemporaneamente tutte le parti del quadro, c le portava avanti, come dicono i pittori, insieme: nel ritratto lasciava incerta la testa, senza impazienza, finché venisse il momento giusto, il momento dell’ineffabile come egli doveva credere, timido cercatore.

Arte così trepida e ritrosa pare votata alla salvezza dcll’animn c della nascosta poesia:

«Noi andremo tutti in cielo e Van Dyck sarà lassù».

PIERO GOBETTI.

G. B. PARAVIA & C.

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