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Carpaccio.

Il nucleo della pittura di Carpaccio noti à diverso da quello di Gentile Bellini. E’ costituito di spettacoli esotici veneziani colti con 10 stesso gusto di atmosfere e di architettura di Gentile Bellini, ma con un’originalità coloristica più vivace, con una sensibilità più acre e nervosa, con un senso decorativo più completo e armonico, meno freddo, più agile, con astuzia e talvolta persino con finzione di mezzi.

Dove potesse arrivare la complessità decorativa di Carpaccio si può vedere nella Vita di S. Orsola (Venezia) e in modo più attenuato in S. Giorgio, in S. Gerolamo, in S. Stefano.

11 gusto e la raffinatezza dei particolari, la ricchezza dei contrasti, la capacità di trattare il soggetto come la natura morta si vede invece nelle Due Cortigiane. Carpaccio è un primitivo, istintivamente colorista, senza preoccupazioni, senza drammi, senza progressi, ina i suoi gialli ambrati sono i primi risultati di colore originale nella pittura veneziana. Appunto perchè il suo sguardo è sempre alle atmosfere e alle architetture, in Carpaccio manca quella coscienza dei valori plastici che si trova in Giovanni Bellini e c’è soltanto episodicamente un certo gusto per la psicologia.

Mantegna.

Padova negli anni di Mantegna era ini centro intellettuale importante quasi come Firenze.

Mantegna è uno dei pittori più originali del secolo. Un creatore come Masaccio.

Nel quadro religioso gli è stato maestro Squarcione, nel gusto delle forme Donatello. Jacopo Bellini ha suggerito la contemperanza di clementi decorativi alla febbre statuaria di Mantegna.

In Mantegna non c’è più soltanto il realismo poetico dei Bellini o la libertà decorativa di Carpaccio e non c’è ancora l’armonia del movimento, di Giorgione: egli è un plastico primitivo. Si può parlare per lui, come più tardi per Tintoretto, di lina eroica pazzia scenografica. La loro posizione nella pittura veneziana, è violenta, paradossale, assurda.

Negli studi di pacifico realismo e di armonia coloristica, essi portano un elemento nuovo e travolgente di movimento. Mantegna porta Donatello, Tintoretto porta Michelangelo. In questo squilibrio tra l’ambiente che trova e quello che vuole imporre, c’è tutta la tragedia di Mantegna: una tragedia tecnica, una passione unicamente artistica, perchè tutta la sua vita pratica scorre tranquilla e felice. Egli è uno dei primi artisti che vivono isolati e tormentati in un loro sogno d’arte che li fa estranei a tutto, selvaggi, intolleranti, I tempi e le commissioni fecero di lui un pittore di opere decorative mentre egli respira un’atmosfera di ricerche eroiche e terribili, di sfida alle impossibilità del mestiere, di concentrazione psicologica eccezionale. Benché l’educazione di Mantegna sia classica e in lui si riscontrino addirittura i gusti dell’erudito, la sua aspirazione è di trattare come valori assolutamente autonomi i valori della pittura.

Egli è forse il più forte disegnatore dei suoi tempi. Non per nulla la leggenda gli attribuisce l’invenzione dell’incisione. Ma la sua inquietudine ha anche saputo trovare i toni mobili, sensibilissimi, adatti alla sua dura passione.

I toni del Cristo Morto e del Monte degli Oli veti ne siano una prova.La sua caparbietà era il solo rapporto che egli potesse:avere col suo secolo, secolo di dilettanti come Isabella d’Esfe.

Tiziano.

Tiziano non ha alcuna importanza come fenomeno storico: egli non è un rivelatore, non incomincia nessuna via nelle tradizioni veneziane.

Dopo Giovanni Bellini e Giorgione era naturale che i pittori veneziani si trovassero a farq quelle opere di colore che erano mature nell’esperienza. Se si guarda lo svolgimento storico, il fenomeno Tiziano è assai meno importante degli altri prima descritti.

Naturalmente questo non è tutto: bisogna guardare le opere. Anche qui, in fatto di risultati, se noi prendiamo i Due Amanti di Paris Bordone o certi ritratti del Lotto, ci troveremo a una altezza non molto diversa’ da quella dei.più ammirati capolavori del Tiziano.

Anche nella vita pratica quest’uomo vanitoso, mescolato a personaggi sempre più grandi di lui, più adulatore che intelligente, bilioso contro Giovanni Bellini, geloso di Tintoretto giovinetto, invidioso persino del Pordenone, avaro, non ci è molto simpatico. Possianw ammirare la sua laboriosità, ma nella sua vita non riusciremo a trovare nè intelligenza nè quell’acutezza di svolgimenti che fa disoernere le difficoltà e i programmi. Tiziano, come fenomeno europeo, è il primo prodotto del reclamismo, della camorra letteraria organizzata.

Metà della sua opera è bluff, riuscito per la complicità di un filibustiere come Aretino.

Nei rapporti tra Aretino e Tiziano, Aretino ci fa,la miglior figura, è l’organizzatore, l’impresario, l’uomo delle trovate. Spesso Tiziano è un’invenzione dell’Aretino. Nei quadri storici, nei quadri religiosi troviamo spesso giochi fittizi, raffinatezze nello sfruttare i tromfie-l’oeil, non più impiegati con la minuziosa cura dell’artefice, clic troviamo in Carpaccio e in Mantegna. Invece Tiziano è uno dei più grandi ritrattisti del mondo..Soltanto Rembrandt c Raffaello lo superano. I suoi sono i ritratti del grande colorista. Laura Dianti, Carlo V, L’uomo del guanto, Flora, sono capola vori.

Tiziano è anche interessante nelle opere giovanili, quando non posa ancora a grande pittore, ed è ingenuamente gìorgionesco (Infatti (pieste opere si confondono con quelle di Giorgione. Le altre non più perchè sono leziose, pretenziose).

Tintoretto.

Rois des violents chiama Gauthier Tintoretto:

è odiato dai contemporanei. Invece gli impressionisti francesi dell’Soo lo proclamano loro padre, Manet lo copia. Vita e opere di Tintoretto, con la loro apparizione violenta c incendiaria indicano una mirabile sicurezza.

Tintoretto portava una idea nuova, la sicurezza che fosse vera, la volontà di combattere per imporla: un realismo violento nel movimento c nel chiaroscuro. Siamo ben lon.tani dall’idillio tranquillo del Tiziano, dalla vita leziosa e felice con la ricerca di vaghezza, ricchezza, plauso, ccc. Tintoretto va contro corrente, è un missionario, disprezza denaro e onori, disprezza il quadro facile: con lui abbiamo di nuovo un plastico degno lei quattrocento. I suoi limiti sono i limiti dd fanatico, austero e incendiario. E’ il maestro del Greco.

Tiziano si spiega con Giorgione. Tintoretto si può giustificare con Michelangelo, ma non si spiega se non si guarda al futuro. E stato un problema per tutti, consolazione per nessuno.

Nei momenti di crisi e di rinnovamento ci si ricorda di Tintoretto: perchè le sue ricerche sono inesauribili.

I suoi ritratti sono perfetti. Il fanatico prende la mano nella composizione. Tintoretto non convince, ma frusta e ispira.

(da un taccuino di appunti per un saggio sulla pittura veneta).

PIERO GOBETTI.

L’artista e il tempo...Figlio del suo secolo è l’artista, ma mal per lui se ne è insieme l’alunno o, peggio, il favorito- Un nume tutelare lo strappi prestissimo, infante, dal seno materno, lo nutra del latte di un’epoca migliore, lo cresca a maturità sotto il lontano cielo della Grecia. Fatto uomo ritorni poi, straniero, nel suo secolo, non, già per adornarlo della propria persona, per purificarlo bensì coll’ira del figlio d’Agamennone.

La materia dovrà prenderla dal presente, la forma invece la deriverà da un più nobile tempo, anzi, al di là d’ogni tempo, dall’assoluta unità inalterabile del proprio essere. Colà nel purissimo etere della stia natura demoniaca’ zampilla la fonte della bellezza immune dalla corruzione delle generazioni e delle età, che sotto di essa s’inabissano i torbidi gorghi Ma come si preserva l’artista dai contagi del tempo, che lo insidiano da ogni parte? Spregiando il giudizio del tempo- In alto egli deve guardare, alla propria dignità e alla legge, non in basso, alla fortuna e al contingente bisogno.

Parimenti scevro della vana operosità, smaniosa d’imprimere un segno personale sopra ogni attimo caduco, e del fatuo entusiasmo, impaziente di misurare i meschini parti del tempo col gran metro dell’assoluto, lasci all’intelletto, che v’è di casa, la sfera del reale, e volga invece i suoi sforzi a produrre, dalla unione del possìbile col necessario, l’ideale. E questo egli esprìma nell’illusione e nella verità, l’imprima nei giuochi della propria fantasia e nella serietà delle proprie azioni, ne impronti tutte le forme, le materiali e le spirituali, e silenzioso lo lanci nel tempo infinito.

Ma non ad ognuno, nella cui anima arde tal ideale, fu concessa la calma creatrice e il gran potere paziente di chiuderlo nella tacita pietra o d’infonderlo nella sobria parola per affidarlo alle mani fedeli del tempo. Troppo sovente, il divino impulso creatore s’abbatte, spesso senza intermediari, sulla vita del presente e dell’azione, prendendo a trasformare la materia amorfa del mondo morale. Imperiosamente parla all’uomo sensibile l’infelicità del genere umano, e più imperiosamente ancora l’abbiezione di esso; allora l’entusiasmo divampa, e l’acceso desiderio tende, nelle anime vigorose, con impazienza all’azione. Si è però egli chiesto, se tali disordini del mondo morale abbiano offeso la sua ragione, o se non piuttosto abbiano ferito il suo amor proprio?

Se non è ancora in chiaro, lo ammaestrerà lo zelo col quale tenderà ad effetti determinati e presto raggiunti. L’impulso morale puro è diretto all’assoluto; per esso il tempo non esiste, e l’avvenire diventa presente, ogni qual volta dal presente si debba di necessità sviluppare.

Per una ragione inimitata direzione e compimento si equivalgono, cioè la. strada è già percorsa sino in fondo noli appena la si sia scelta.

Imprimi dunque, — • risponderò al giovine amico della verità e della bellezza, che mi domanda com’egli possa soddisfare, contro le resistenze del secolo, al nobile impulso del suo cuore, — imprimi al mondo, in cui puoi agire, la direzione al bene; e il ritmo tranquillo del tempo porterà esso l’ulteriore sviluppo. E questa direzione l’avrai impressa al tuo mondo se,,insegnando, tu sollevi i suoi pensieri al necessario e all’eterno, se, agendo o formando, fai del necessario e dell’eterno un oggetto dei suoi impulsi. Cadrà l’edificio dell’errore e dell’arbitrio; deve cadere; è già caduto, appena tu sia certo che piega; ma nell’intcriore non solo nell’esteriore nonio esso deve piegare. Educa nel verecondo silenzio del tuo cuore la vincitrice verità, obbiettivala nella bellezza, sì che non soltanto il pensiero le renda omaggio, ma ne accolga, amandolo, l’aspetto c anche il senso. E affinché non ti càpiù di ricevere dalla realtà il modello che tu al la realtà devi dare, guardati d’entrar in così sospetta compagnia prima d’esser nel tuo intimo sicuro d’un seguito idealc.

l’ivi col tuo secolo, ma non esserne la creatura; fornisci ai tuoi contemporanei ciò di cui essi abbisognano, non ciò che lodano.

Senza aver diviso le loro colpe, dividi con nobile rassegnazione le loro pene, c liberamente curvali sotto il giogo eh ’essi ugualmente male sanno e ricusare e sopportare. Col risoluto ardire col quale spregi la loro fortuna mostrerai loro, che non viltà l’assoggetta ai loro dolori.

Raffigurateli come dovrebbero essere, quando hai da agire su di essi; non raffigurarteli come sono, quando sei tentato d’agire per essi.

Cerca il loro applauso attraverso la loro dignità, ma attribuisci la loro fortuna a mancanza di valore, così da un canto la tua nobiltà ridesterà la loro, e dall’altro la loro indegnità non distruggerà il tuo scopo. La serietà dei tuoi princìpi li allontanerà da te; ma nel giuoco li potranno ancora sopportare: il gusto è in essi più casto del cuore; e qui tu devi ghermire gli scontrosi fuggitivi. Attaccherai senza successo le loro massime; invano condannerai le loro azioni; addosso al loro ozio invece potrai avanzare con fruito la tua mano formatrice, Scaccia dai loro divertimenti l’arbitrio, la frivolezza, la rozzezza, e senza ch’essi se ne accorgano li allontanerai anche dal loro modo d’agire e, in ultimo, dal loro modo di pensare. Dovunque li incontri, circondali di nobili, di auguste, di geniali forme, chiudili in mezzo ai simboli dell’eccellenza, finché l’idea non abbia vinto la realtà e l’arte la natura.

Schiller.

(«Sull’educazione estetica dell’uomo», Lettera IX; l. v. t )Da “I miei penati»

di Batjuskov.

Mentre corre dietro a noi il dio del tempo canuto e devasta il prato fiorito con la spietata falce amico mio, più ratti dietro alla felicità sul canimin della vita voliamo, inebriamoci ai voluttà e la morte precorriamo, strappiam furtivi i fiori sotto il filo della falce e con l’accidia della vita breve allunghiamo, allunghiam Lore!

Quando poi le Parche scarne il fil della vita avran filato, e noi nella dimora della notte ai proavi porteranno, compagni amabili, non doletevi per noi 1 A che i singulti lacrimosi, di prezzolati cori la voce?

A che questi incensi e della campana il pianto, e languide salmodie su la fredda asse A che?... Ma voi a schiere della luna ai raggi adunatevi e di fiori spargete il queto cenere o gettate su i sepoL degli iddìi domestici il simulacro, due nappi, due zufoli, un vilucchio con le foglie:

e il viandante indovinerà senza epigrafi dorate che il cener qui ripe di giovani felici!

(Alfredo Poliedro, trad.).

PILLOLE La scuola del Sen. Rasiignac «Avrei voluto dare — a questo libro — per sottotitolo: Saggio (li critica dinamica od energetica Ma io non saprei altrimenti significare il fine di questo libro, che si propone non di fare una ricostruzione retrospettiva deiropera d’arte, ma piuttosto di accompagnare l’opera d’arte nel suo «divenire» gareggiando con la sua energia creativa, interpretandola e magari contradicendola, ma sempre tenendo conto di tutti gli elementi della sua possibile influenza sulla vita e avendo di mira sopra ogni cosa l’avvenire.

E’ un genere di critica non molto coltivato in Italia ad onta (sic) del vigoroso impulso che sembrava averle dato, venti o venticinque anni fa, Vincenzo Morello col suo volume Lì* Energia letteraria».

F. Pasini, O, D’Annunzio, Roma, 1925.

PIERO GOBETTI - Editore G. Amendola: Una battaglia Liberale» li,— Gen. C. Assum: I,a prima difesa del Grappa a 10,50 C. Avaiina di Gualtieri: Il fascismo a 10,— E. Baiitèllinì: La Rivoluzione in atto a 7,— B Brunello: Il pensiero di Cattaneo a 10,— A. Cappa: Vilfredo Pareto a 5,— A.‘Di Staso: Il problema italiano a 1,50 A. Di Staso: Pregiudizi economici a 6,— G. Dorso: La Rivoluzione Meridionale» 10,— L. Einaudi: Le lotte del lavoro a 10,50 V. G. Galati: Religione e politica a 10,— G. Gangale: La Rivoluz. Protestante a 6,— J. S. Mill: La libertà (con prefazione di L. Einaudi) a 8, F. Nitti: La Pace „ 9, F. Nitti: La Libertà a 5,.

V. Nitti: L’opera di F. Nitti a 12,— N. Parafava: Fissazioni Liberali a 6, G. Prezzolimi: Giovanni Papini a 6,— B. Riguzzi - R. Porcari: La cooperazione operaia a 10,— Francesco Ruffini: Diritti di Libertà a 10, L. Salvatorelli: Nazionaifascismo a 7,50 G. Salvemini: Dal Patto di Londra alla pace di Londra a 16, G. Stolti: La Basilicata senza scuola a 5,— L.

Sturzo: Pensiero antifascista a 12, L. Sturzo: La libertà in Italia a 5, G. Suckert: Italia Barbara a 8, ■ M. Vinciguerra: Un quarto di suolo (1900-1925), 5,_ Sì spediscono franchi di porto contro vaglia.

Le Edizioni del Barefti C. Giardini: Antologia dei Poeti Catalani 14 M. Marchesini: Omero» 8 E. Gianturco: Antologia dei Poeti 7’edeschi» io, P. M. Pugliese: Poesie B 10, C. G. Pini: Adua»

E* uscito:

COSTAZZURRA di MARIO GROMO L. 6 P’una suggestiva descrizione di viaggio intrecciata con una narrazione fine, originale, ricca di personaggi e di vicende, ora sentimentale.

ora ironica, ora poetica. Una personalità compiuta di scrittore.

Stanno per uscire:

Amedeo e altri racconti di GIACOMO DEBENE DETTI L. 9 Sono racconti che realizzano un tono musicale attraverso un’attenzione continua ed efficace ai colori psicologici, alle tinte ambient’ali.

La narrazione è tutta sostenuta su ragioni liriche.

Si svolge per trapassi melodiosi e rappresenta il primo tentativo italiano di una introspezione che raggiunga un’alta sostenutezza lirica contemporaneamente con una aderente verità psicologica.

Giacomo Debenetti si rivela in quest’opera finissimo artista e scrittore dei più interessanti d’Italia.

FRATE JACOPONE di NATALINO SAPEGNO I-,. S Breve, esauriente monografia sulla singolare figura del beato tudertino. Non è un’apologià, nò’ una demolizione: ma una ricostruzione, fondata su basi rigorosamente storiche, dell’uomo e del poeta. La figura di Jacopone viene delimitata nello sfondo del suo tempo, con una precisione e compiutezza ignote ai critici che hanno preceduto il Sapegno, il quale anche per non comuni doti di scrittore si rivela critico di razza. Suggestivi sono gli accostamenti tra la lirica religiosa del frate, e la lirica amorosa contemporanea: i lettori troveranno in questo volume una nuova valutazione della letteratura nostra del duecento finora pascolo di eruditi ■ e di esteti.

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Scrivere; ALFREDO GROSSI Via Gemma, 38 — TORINO (3) Direttore Responsabile Piero Zanetti Tipografia Sociale - Pinerolo 1926