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L’attualità La resistenza di uno scrittore alle offese o agli Assalti del tempo suol essere, volgarmente»

uno dei primi segni della sua grandezza: e senza dubbio ò un forte incentivo a meditarne lo ragioni e a domandarsi come e perchè ciò che fu grande un secolo fa è gronde ancor oggi.

Quelle date lontane» quest’oggi non hanno niente che faro con l’essenza della poesia: ma la contemplazione dol loro corso e dei suoi evouti c uno dei gradi por cui la critica si dova via via sino a tale suo mira.

11 caso Dickens si presta ottimamente a osemplificarc questa osservazione. Abbiamo infatti in Dickons uno scrittore che si presenta togato in tutto c por tutto alla sua epoca, un «vittoriano! puro sangue, fot ma e materia, motivi e teorica, spirito c lettera dei suoi ro manzi sono strettamente connessi, quasi anno per anno, con la serie dei m first printed»: perfino gli aspetti della sua fortuita e la prolissità della sua prolifica vena sono propri di un «uomo del suo tempo», col suo tempo destinato a morire. Eppure. Dickens si leggo tutt’ora, anzi più cho mai; ai continua ad annoverare tra gli autori in voga, da cui prend11 lo mosse la conversazione e che è vergogna non conoscere; si ristampa e si traduce c si vende; infino si fa leggere con piena attenzione e passione da uno scaltrito lettore del 1926, nò più no meno che dai romantici abbonati dei «Novels and Talee»

in cui uscirono a puntate tanti dei suoi racconti. Non teniamo pure conto della idolo* tria dei compaesani, che intitolano lo strade ai personaggi di «Charley» c studiano la topografia delle loro avventure; ma ò evidente che in mezzo alla generale rifioritura delle sorti letterarie del romanzo inglese di quel periodo il fiore della sorte di Dickens ò il più alto e il più bello.

In campo così noto, sopra materia tanto vagliata, breve spazio c bastante a discutere la questione. Che la buona sorte non sia dovuta alle più appariscenti c percepibili qualità dell’autore del Copiar fi ehi, e che in esse non possa consistere il valore doll’artc sua, da cui quella buona sorto ho nascimento, si dimostra senza fatica. Tutte lo qualità in parola possono renderci Dickens simpatico, come sono simpatici taluni vecchi quadri un po’ goffi in mezzo alle nostre sale tutte moderne: e darci la misura -della sua potenza di aziono sopra i contemporanei, non sopra di noi. Guardate quei, romanzi, venti o trenta, allineati nelle sene della «Tau•chnitz»

e della «Oxford Edition»: e cominciate datrintelaiatura. In tutti lo stesso giuoco, la lotta della virtù contro il vizio, del bene contro il male: condotta fino a tal punto che lo spirito dello tenebre sembra prossimo a trionfare ma poi resta miracolosame.qIe sconfitto, o se anche trionfa, non è vincitore se non di nome: avventure.insomma, sempre a lieto fino, non perchè sempre liete, ma perchè, anche quando luttuose e tristi, hanno sempre una certa logica interna mollo semplice e molto scorrovolo, che precisamente mette l’animo in pace al comune lettore. Allo stesso modo la mistura degli city menti tragici, comici, satirici, lirici è fatta in modo elementare c primitivo: basti ricordare 10 novelle intercalate nella prima parte del Pickwick.

Le due grandi categorie dei personaggi dickensiimi sono del pari caratterizzato da una -semplicità turilineare. La prima, quella dei personaggi di sfondo ci dà quasi una popolazione di bei fantocci olandesi disseminati ncll’Tnghiltcrra di Giorgio IV, come appariva agli occhi dei vittoriani industrializzati e imperialisti: grossi visi bonari e imbambolati di mezzadri i> di artigiani, vecchietti e vecchietto impariiccati e benefici, vispe comari maestre nell’arte del gottip, stinte figure di piccoli profittatori e rosso faccio di avvinazzati: tutti d’uno stampo e di un tipo, e contenuti in cAscun libro su per giù nella stessa proporzione, come le bum’boline nelle scatole per l’albero di Natale. E l’altra categoria, quella dei protagonisti o degli attori veri o propri, anohVssa è dominata dalla stessa logge: caratteri che si muovono tutti d’un pezzo, che agiscono sopra una traiettoria nettamento determinata o conformo alla tecnica tradizionale dei «tipi» comici o romanzeschi: tutti terribilmente ostinati così nel vizio corno nella virtù, e soggetti a un sistema di sanzioni degno di essere applicato nella valle di Giosafatte.

E lo spirito dickensiano, come si manifesta al lettore di comune intelligenza, non è di per sé stesso dotato di particolari capacita. Per citare un efficacissimo giudizio di Anatolc France, possiamo additerò in Dickens l’uomo che per conscio clic sia della realtà della vita o dotato anzi di penetranti occhi per sviscerarla tutta, continua a vedoro sopra lo città fumose e misere, pieno di corrotta umanità, innalzarsi le spire lente ma distinte di una sicura fede nel bene e nel trionfo della giustizia. Da questo inguaribile ottimismo in urto con la frecL da cognizione della realtà qual’ò nasce I’/juinour dickensiano: i cui costitutivi sono dunque molto semplici od elementari. L’ironia, la satira, la oritica dei costumi, la «macchiettatura»

dei romanziere non fanno che allargare 11 campo visuale di questa posiziono soggettiva dalla qualo egli contempla l’universo.

di Dickens lTua cosa però si avverte, altrettanto chiara qunnto l’insufficienza dei sopra detti caratteri a spiegaro la grandezza dello scrittore; ed è clic quei caratteri.stossi non stanno insieme pacificamente, non si coni|>ongono in un intarsio affatto liscio, ma si urtano o cozzano spesso tra loro: sotto a tanta maestrevole strategia di «mezzi»

letterari s’intravvcdo una certa drammaticità.

Questo dramma appunto dell’arto di Char, les Dickens è la prima ragione del suo fascino nascosto: da un mondo di elementi impersonali esce il soffio della persona che s’affatica ad assimilarli e fonderli in un sistema più organico c vivo. E lo sforzo c palese ropratutto nelle suture tra le parti comicho e le tragicho, noi fili che legano sottilmente le figurazioni umoristiche con i votati al dolore e con gli agenti dol male, nella costante tendenza a sintetizzare anzi tutti gli aspetti della vita in ciascun personaggio.

Sicché il muoversi quasi sotterraneo di un tormentoso lavoro di elaborazione tra le pieghe del variopinto tessuto dickensiano suscita anche in noi un Bcgreto interesso critico, una curiosità di secondo grado, e il vero porstaggio a cui miriamo finisce per esscro l’autore Ma c’è di più: Dickens precorre continuamonte, in modo frammentario ma con grande frequenza, lo forme e gl’indirizzi più vivaci dell’arte di fine secolo e del secolo presento:

dalle pesanti moli delle suo costruzioni di stile vittoriano accennano a slanciarsi le guglie del Novecento. La tesi non ha bisogno di dimostrazione, ma neppure interessa il nostro assunto, per ciò che riguarda naturalismo, realismo, verismo, psicologismo e in genere tutte le scuole de] romanzo, di cui il Dickons arrivò ancora in tempo ad essere partecipe, dopo averle precorse. Quel cho si vuol dimostrare è la prossimità del suo genio ai nostri valori artistici più nuovi e alla nostra preoccupazione di cogliere stati sempre più sottili, sfumature sempre più evanescenti della vita spirituale.

Ora della vita spirituale nella sua intimità o delle suo risonanze segrete il Dickens fu conoscitore e interprete molto più profondo che di solito non si pensi. Ebbe anzi una predilezione spiccata, sebbene non sistematica, per le imma’ gini simboliche o le intuizioni e analisi espressionistiche.

Tra le commessure dei suoi meccanismi, solidi e grossi, si avanzano fini molle di acciaio, che danno loro un’agilità e una vivacità eccezionale. Si può diro clic tutte le movenze doll’arte modernissima vengano così a spuntare dalle pagine del Dickens: questo grande romantico già le aveva fatto scaturire, in sostanza, dal fondo vivo del romanticismo, di cui sono appunto.Jo ultime filiazioni.

I simboli dominano invero tutta la produzione del nostro: natura o mondo umano sono per lui quel tempio di viventi significazioni del mistero, clic primo cantò Baudelaire. Tempio grigio e spettrale, per Dickens, come i fumosi sobborghi di Londra, dei quali egli fu tenace descrittore:

fasci di mite luce inondano il tempio solo quando lo sguardo si volge alle rare isole di bontà e di pace emergenti dalla nebbia del mondo. La perfusione nelle cose morte di delicati sensi, la lettura del mistero nel volto enigm.it ico della materia sono qui ben più intense che non nella consueta tecnica romantica.

Guardi l’erba grassa dei pascoli dove scorrazzano gli stalloni normanni, o gli alti alberi che ombreggiano le fattorie dello colline, il campanile del villaggio o la lercia facciata di una taverna londinese, Dickens interpreta sempre spiritualmente ogni cosa. Per questo non si sento mui il [>eso dol suo verismo, del suo naturalismo:

gli inti ridir* dickensiani si avvivano di ’ segreti accordi fra la realtà delle cose e la vita che tra esse si svolge, anzi lazione stesso che vi avrà luogo: i suoi studi di ambiente non hanno mai il peso delle analisi zoliane, ma la scorrevolezza che viene dall’interno movimento.

Egli riesce a far convergere sempre una larga onda di interessi affettivi sopra le sue figure e intuizioni, anche se incise con particolare amore del brutto e del ripugnante, o i suoi mostri riescono simpatici, i suoi delinquenti ci preoccupano: dote più retorica che artistica, senza dubbio, ma oggi in gran conto c che ha le suo basi nella,spontanca simbolifìcazionc.

La psicologia di Dickens, dentro i corpulenti aspetti dei suoi personaggi, lavora ricami di finezza proustiana, insinua problemi di inaspettata profondità. Se vogliamo, ad esempio, conoscere i misteri di uno spirito senza luce c tentare la comprensione dell’anima di un idiota, volgiamoci a considerare lo sviluppo della figura del protagonista in I/nrnqbi/ /fudge, e studiamo anche noi con Dickens questo «poor Barna’by» che, scemo o passivo, risce ad ossecro un personaggio centrale di primissimo ordine.

So amiamo penetrare nelle fluide e incerte emozioni, nei fuggcvoli stati d’animo, svaniti quasi prima di nascere, di una coscienza infantilo, fermiamoci sul piccolo Paolo, la cui morto precoce inizia la molteplice catastrofe della tragedia di //ombri/ t Sou. Quando Paolo muore, il poeta giunge, con splendido ardimento, a seguirò fin gli ultimi palpiti del suo piccolo cuore, gli ultimi sguardi dei suoi occhi spenti, davanti a cui le pareti danzano in una ridda dorata. Allo stesso modo in alcuni romanzi, p. os. in,1/(irtiu (’/nitifcu’ill, l’espressione dei rumori; dei ritmi, dello cadenzo ci dà a volte la sensazione di essere di fronte allo virtuose manifestazioni tecniche di un modernissimo.

Con questi cenni io ho nemamato in vista caratteri cho possono essoro anche difetti, oltTo clic pregi dcllarte di Dickens: ma il mio scopo era di spiegare la corrente di simpatia che ci spinge ancora ad amarlo o che ha senza dubbio il suo principale fondamento nel tono di spirito • contem|x>ranuok che sentiamo dominare attraverso lo sue pagine anche quando non percepiamo netta la sua efficienza. Certo che il conirò organico di tanta molo d’architettura non c dove noi più vorremmo trovarlo, e che por lai modo si crea un notevole squilibrio fra la nostra attenzione critica e l’intuizione principe dell’autore: ma la soluzione del quesito profeto mi pare, ragionevolmente, quella cho ho data.

SANTINO CARAMELLA.

Una lettera di Olimpia Morata OLIMPIA MORATA A (’HKKUBINA ORSINI.

Carissima madonna Cherubino, vi dovete rallegrare co» noi clic Dio per la sua grande misericordia ci ubbia liberati da infiniti pericoli, nell!

quali Xfllf mesi di continuo scino stati. In carestia grande il Signore ci ho nutriti, che nvemo avuto da dare ancora itili nitri: ha liberato il mio consorte (li febbre pestiIcnziulc, la quale fu in tutta la città, c «so alquante settimane stette così male, clic se io non avesse avuto li occhi della fede, i quali riguardano in quelle cose clic non appnrcno, mai averia potuto credere ch’ci funse guarito, perchè i segni mortali crono manifesti; ma il Signore al quale niente ò imponibile, e il quale spesso opera contra naturo, Io sanò, ancora senza medicina, non si trovando per la guerra piò rimedio alcuno nella spccieria. Iddio ha avuto misericordia dì me. che mi era un dolore quasi intolorahilc. Io ho pur provato spessissime volte quel che dice il salmo, che il Signore fn la volontà di quelli che *1 temano, et cssaudisco i loro prìrghi.

Sapete, la mia cara madonna Clicrubina, che nella Scrittura, per il fuoco si intende le grandi afflizioni, nome ancora mostra chiaramente quel loco in B«»ia, cosi dicendo il Signore: «Clio Israel non tema eli’et sarà con esso, quando egli passerà per il fuoco»; come è stato con noi, cho siamo passati per il fuoco vera, mento, non per similitudine alcuna, mn siamo stati in mezzo al fuoco. Imperò che I vescovi ed altri suol -imili, che hanno fotto guerra con Suinforto.

hanno gettalo giorno c notte il fuoco dentro nella città da tutte le bande, c con tanto furore c impeto liartuo tirato le artollarie, Vhc I soldati, i quali erano dentro nella nostra citta, dicevano clic mai si era udito nelle nitre guerre, che In un giorno si avesse tirati tanti tratti di artellarin: e Iddio nella prima obsidione invitando con la sua bontà c con il suo aiuto il po]>olo a ponitcntin, così defesc il suo popolo, che pur uno della città fu ammazzato. In somma Iddio ha ministrato la sua potenzia in defendere quella città, e liberarla dn tonti mali. Alla fine per tradimento entrarono nll’improvviso, quando ci era stato promesso che nuderebbero via per comandamento dclrimperatorc ed altri principi, e avendo tolto ogni cosa cho era nella città, l’nhbruseinrono. Il Signore ci liberò dalle fiamme, c per consiglio di uno dei nemici uKcissemn fuor» del fuoco. Il mio consorte poi fu pigliato due volte da’ nemici, che vi prometto se mai io ebbe dolore, che allora ho avuto, e sc mil pregai ardentemente, allora preirai. Io nel niio Clune angustiato gridava con gemiti inc’fiirrnlnll: — Ai itnnii, aiutami, Signore, per Cristo! -. c mai cessa, perfin ch’cl mi aiutò, c lo liberò. Vorrei che ave de visto come io era scapigliata, coperta di stracci, chò ci tolscno lo veste d’uttorno, c fuggendo io perdetti le hcnrjw. nò aveva calze in piede, si che mi bisognava fuggire sopra le pietre e sassi, che io non so come arrivasse. Spesso io diceva: — Adesso io casearò qui morta, dio non posso piò, — e poi diceva a Dio: — Signore, se tu mi vuoi viva, comanda nJJi tuoi angeli che mi tirino, clic certo io non posso. — Mi mora, viglio ancora quando io penso, come il primo giorno 10 facesse quelle diccc miglia, che io mi scntova tutta mancare, essendo io magrissima o malaticcia, che era stata amatala ancora il giorno davanti, c per quella stracchezza mi veniva la febbre terzana, c |>cr 11 viaggio sempre son stnta ammalata. Il Signore non cl ha abbandonati, ancora che ri funse tolto ogni cosa per sin la veste da circa il corpo, ma ci mandò mentre che cranio per via quindeeì scudi d’oro da un signore non conosciuto da noi j poi ci menò ad nitri signori, i quali ci vestirono onorevolmente; ni fine senio venuti n stare in questa città di Hniddhcrga, nella qual il mio consorte ò stato fatto lettore pubblico nctln medicina, e avremo adesso quasi tanta masseria di casa come nvnnti.

Questo vi arrivo acciocché ringraziate il Signore, e considerate che mai egli non uhbnndonn i «noi nelle angustie, acciocché vi confirmnte in fedo clic non vi 1 asciarà, ancora die bisognante che patiste qualche cosa per In verità, come Insogna che siamo, come ilice Paolo, conformi nlln imagine di Christo, che patiamo con esso, acciocché regnemo con lui. Non si da la eomnn se non a colili che combatte, e se vi Mudile inferma, la min cani mndnnnn Chcriibinn. come ancora io sono (mn il Signore mi fn forte quando io l’invoco e priego) andate n Christo il quale, come dice Esalo, egli non spexznrà In canna agitata, cioè In coscienza inferma e spaventata; egli non In spn.

venterà ancora piò ma la consolorn, «•omo esso chiama a sé tutti che sono aggravati di peccati, c affaticati; nè nmmorznrà il lino clic fuma, cioè quello che è infermo in fede, e non lo regetterà dn sé, ma lo farà forte. Non sapete clic Esala lo chiama forte e gigante, non solo perché esso ha vinto il dinvolo, il peccato, l’inferno e In morte, ma perché di continuo vince nelli mioì membri tutti I mio! nemici, o li fn forti. Perchè tanto spesso la Scrittura ci Invila a pregare, e ci promette clic snrenjo esauditi, se non acciocché in tutti i nostri mali e* Intimità, andiamo dol medico nostro? Peréto lo chiama David, Iddi»

della sua fortezza, se non perchè egli lo faceva forte?

Cosi sarà ancora voi, ma ci vole essere pregato, o che si studi In sita parola, In quale è il cibo dell’anima.

K s’cl corpo nostro perdo le sue forzo quando non ha il cibo, come farà l’anima forte che non si sostenta con la parola di Dio? Si che, la mia madonna Cherubinn, stato di continuo in orazione, e leggete la Scrittura da per voi, e insieme con In signora I-nvinia, C con la Vittoria, esortatola alla pietà: pregato insième, e vcdcrcto che Dio vi darà tanta fortezza, che vincerete il mondo, e |>cr paura non farete cosa alcuna contro la. vostra consci curili. Pensato ch’egli sia bugiardo? quando ci dice: «In verità in verità vi dico, clic se domnndnretc cosa /deunn al Padre nel nome mi», che ve. le darà? E s«saranno due o tro congregati sopra la terra, c prognmnno di qunlchn cosa, io la farò». Ei numcn dn voi, se senio infermi, perchè non lo preghiamo: voi vederetc, purché non vi stracchiate di pregare, che Dio vi farà forte. Prcgate ancora per noi come io faccio per tutti i Cristiani «•he sono in Italia, ch’cl Signore ci faccia costanti,.accio che possiamo confessarlo in mezzo della generazione perversa. Qui è un gran dispregio della parola di Dio, c pochissimi se nc curano. Abbiamo ancora qui la idolatria, c ln parola di Dio insieme come Samurin.

lo voleva avero la mia cara madre meco, ma ogni cosa è piena di guerra, mi bisogna cs|>cttnrc questa consolazione di vederla nell’altra vita. Non manca qui la croco alti pii, il Signore ci dia n tutti fede c distanzia, clic vinciamo il mondo.

A laude di Dio vi voglio scrivere come ho visto un grande miracolo in questa nostra pcrsccuziono:

che senio stati in corte di alcuni signori di Alemngnn, i quali per l’evangelio hanno posto la vita c In roba in pericolo: che tanto vivono sanctamcntc, che mi son _ stupitn. Quel signore ha predicatori nclln sua città, e sempre lui è il primo ad andare alla predica:

dipoi ogni mattina nvnnti al desinare, lui chiama tutta la sun famiglia, non bisogna che ne resti pur uno, e in sua presenzia si legge un’evangelio, e una epistola di San Paolo, c esso postosi in gcnocchioni con tutta In sua corte pregano il Signore. Bisogna poi che n casa per caxn cinscmhino dei suoi sudditi gli renila ragione della *un fede, con le massaro c ogni uno, acciocché ei veda come fanno profitto nella religione; perchè così dice, clic fn bene se non facesse cosi, cho esso sarebbe obbligato a render ragione di tutte le anime dei suoi sudditi, lo vorria clic tutti i signori e principi f assono tali. Il Signoro vi din fede, e vi nccrcscn nclln sua cognizione, perchè di contimi»

dovemo pregare di accrescere in fede: per questo si chiamano le vie del Signore, perchè non si dovemo fermare come fusscmo perfetti, ma camminare tempre e crescere in perfezione. Studiate diligentemente la Scrittura. Emilio per grazia di Dio è sano e salvo c spero clic temerà Dio: molto volentieri ode lo prc.

diche, c studia In Scrittura. Io prego di continuo per lui c por tutta la casa nostra, che trinino il Signore.

Il niio consorte o io, et Emilio con tutto il cuore vi salutiamo.

Di Haidclbcrga, n 8 di Agosto.

Se la signora Lavinia mi vorrà scrivere. S. S. potrà ben trovare via e modo! Questo città è molto celebre per ln corto, c |>er PAcndcniin.

Ln vostra Olympia.

Dalle lettere ili Olimpia Aforata, comprese nel nuovo volume di opuscoli c carteggi Riformatori del Cinquecento curalo da Giuseppe Paladino per gli «Scrittori d’Ita’ia» del Latcna. Ixt lettera è inedita.

Cronache londinesi Un dramma di C. K. Munro Oggi, generalmente, da noi in Inghilterra si porta pochissimo interesse ni vari movimenti artistici che di tanto in tanto mettono a rumore i circoli intellettuali d’Europa. Cosi non ci accorgemmo, quasi, dell’espressionismo se non quando era giunto ni tramonto, e se non fosse stato «Iella Stage Society — lina Società privata clic dà rappresentazioni del teatro avanguardista inglese c straniero — non avremmo visto a Londra un drnnimn espressionista tedesco. Cosi non si parla ancora «li • surrealismo», e i nostri critici d’nrté continuano n manifestare una vera avversione por tutti i movimenti detti «l’nvnngunrdin, futuristi o innovatori.

Ciò ehc |ktò non toglie clic di tanto in tanto qualcho artista affiori sulla mediocrità doll’ambicntc e cerchi in un sincero tentativo di esprimere i problemi c lo spirito del tempo con modernità di mezzi c con sufficiente spregiudicatezza delle vecchie forme.

K questi casi sono nppunto gli indici rivelatori come miche dn noi, nonostante il sentimento di in.

snlnrità forte pure negli artisti, vi siano degli ambienti favorevolmente orientati o disposti non solo verso le piò moderne tendenze del jicnsicro europeo, ma anche verso «incile forme artistiche clic vorrebbero adeguarsi alla modernità dello spirito d’arte.

Nel campo del tento C. K. Munro è uno di questi innovatori. I-c sue n|>crc sono quasi sconosciuto all’estero c poco noto nncho presso di noi. Perchè la loro rappresentazione riuscirebbe molto difficile e perchè poMonn essere inteso solo da un pubblico d’cc.

cczinnc. K anche a I-ondra non si è ancora trovato l’impresario ili un grande teatro dis|»osto a fare dei sacrifici finanziari (icr l’affermazione di un giovane scrittore.

I drammi migliori di C. K. Munro vennero però messi In scena alla.Stage Society, od ottennero il piò lusinghiero successo.

«At Mrs. Beam’s» è una dciixiosa satira della vita di immimìuiic; ina i drammi dio confermarono il suo successo sono «The Humour», «Progress», in «•ni 6 in modo «’oraggioso trattato ironicamente il tema ilelln guerra, o specialmente «The Mountain».

Mentri* i primi latori avevano un carattere di realismo qualche volto c«x*cssivo, l’ultimo tende piuttosto a iiu’cspressionc simholÌHlicn. Ma la sua concezione simbolica non è sempre troppo chiara, oscillando il lavoro fra ini realismo un poco crudo o un simboli.

  • mo alquanto Confuso, c questo è il suo difetto. Il teina, come in altre opero moderne ispirate dal pacifismo, è quello dell’inutilità della forxa c della *nc.

cpssità di trovare un nuovo atteggiamento della vita