Avea lacero il crin, smorto il bel viso,
E su la guancia lagrime e squallore.
Guatò muta il Guerriero, e il guardo fiso 420Parea sul volto gli cercasse il core.
Indi un sospir dal petto imo diviso,
Mi conosci tu? disse: al suo dolore
Non ravvisi la madre? e il suo periglio
Dunque ancora non parla al cor del figlio? 425Tu fra barbare genti, inutil vanto,
Côgli d’Asia gli allori; e il fero Scita
Giunto coll’Unno al crin mi sfronda intanto
Quei che lasciasti nella tua partita.
Nè questa è tutta la cagion del pianto, 430Lassa! nè sola è questa la ferita
Che mi dà morte. I figli, i figli, ahi stolti!
Spengon la madre in ree discordie avvolti.
Grande, felice, e di valor precinta
Feci io tutti tremar, mentre fui teco. 435Or giaccio oppressa, disprezzata e vinta;
Chè BONAPARTE mio non è più meco.
Il tuo lasciarmi, il tuo partir m’ha spinta,
M’ha, misera! sommersa in questo cieco
Di mali abisso, e dell’uscirne è vano 440Ogni sforzo, se lungi è la tua mano.