D’Asia il fato e d’Europa era pendente
Da quella spada, e trepidava il Mondo. 395Librò, credo, amendue l’Onnipossente,
E ponderoso in giù scese il secondo.
Sparve l’altro più lieve, e nella mente
Si rinchiuse di Dio, che nel profondo
Del suo consiglio or forse il fa maturo, 400Nè par che molto restar debba oscuro.
S’offerse agli occhi allor di BONAPARTE
Grande un prodigio, e qual vulgossi, occulto
Nol vi terrò, ch’egli è d’eterne carte
Degno, nè debbe rimaner sepulto. 405Già d’Acri a terra rovinose e sparte
Cadean le mura; del superbo insulto
Già il fio pagava l’Ottoman, cui resta
Solo un riparo, e mal potea far testa.
Tacita uscìa dalle cimmerie grotte 410La nemica del dì; ma non del Duce
Tacea la cura, che per l’alta notte
In mille parti il suo pensier traduce.
Ed ecco balenando aprir le rotte
Ombre a’ suoi sguardi un’improvvisa luce, 415Ecco stargli davanti eccelsa e ritta
L’augusta immago della patria afflitta.