La conoscenza e del perdon mi fece
Impeto al core: alzai le palme, al suolo
Mi prostrai su i ginocchi, e per l’orrore
Della notte gridai: Dio che passeggi 325Per quest’alte tenébre, e de’ mortali
Miri le colpe e le virtù, gran Dio,
Dammi che un dì per Lui morire io possa.
Ecco il cor del mio Duce. Anzi d’un Nume,
Riprese Ullino; nè stupir più voglio 330Se tu l’adori, ed ogni faccia affronta
Per Lui di rischio in campo il suo soldato.
Or m’odi. Allor che, dissipati e spersi
Quattro possenti eserciti, al nemico
Fe’ tremar la corona in Leobeno, 335Arsi allor del desìo di veder questa
Di valor maraviglia, e del cospetto
D’un sì famoso satisfar la vista.
Bramai l’armi seguirne, e con quest’occhi
L’opre mirar della sua spada, e poscia 340Bellicoso cantor porle su l’arpa
Eternatrice degli eroi; chè tale
È di Bardo poeta il ministero.