Vien l’ora delle mute. Un improvviso 300Scuotemi e desta calpestìo di piedi.
Eran le guardie successive. I lumi
Apro, nel sonno ancor natanti; cerco
L’arme caduta, e non la trovo. In giro
Meno gli sguardi stupefatti, e veggo 305Ritto starsi ed armato alla vedetta
Vigilante in mia vece altro guerriero.
M’accosto, il guato, il riconosco: è desso,
Desso il gran Duce. Me perduto! io grido;
E bramai sotto i piedi una vorago 310Che m’inghiottisse. Ma con tale un detto
Di bontà, che più dolce unqua sul labbro
Nè di padre s’udì, nè di fratello:
Non temer, quel Magnanimo riprese;
Dopo lunga fatica ad un gagliardo 315Ben lice il sonno, e a me vegliar pel mio
Figlio e compagno. Ma tu scegli, amico,
Meglio altra volta i tuoi momenti. E sparve.
Muto, tremante, attonito, siccome
Uom, cui cadde la folgore vicina, 320Mi restai lunga pezza. Alfin del fallo