Chè tutto nell’Eroe tutto è portento
Di fortezza, di senno e di coraggio; 235E i dì son meno che i portenti, e il vero
Sì di menzogna le sembianze acquista,
Che per fede ottener forza gli è spesso
La sua luce scemar. Luce di vivo
Limpido sole, l’interruppe Ullino, 240Fa cieco il guardo, nè sostienla il ciglio,
Se la man nol soccorre, o temperanza
Di frapposti vapori. E tal pur anco
A noi sfavilla la virtù di questo
Ammirando mortal, che l’infinita 245Di lassù provvidenza in travagliosi
Tempi concesse al declinato Mondo
Per emendarlo, e agli arbitri scettrati
Della terra insegnar la già perduta,
O ceduta a’ malvagi arte del regno. 250Dell’ardue cose per lui fatte il grido
A qual non venne orecchio? e chi narrarle
Puote od udirle, e serbar freddo il petto?
Ben io molte n’intesi insin d’allora
Che dell’alpestre Mondovì comparso