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56 il bardo

Chè tutto nell’Eroe tutto è portento
Di fortezza, di senno e di coraggio;
235E i dì son meno che i portenti, e il vero
Sì di menzogna le sembianze acquista,
Che per fede ottener forza gli è spesso
La sua luce scemar. Luce di vivo
Limpido sole, l’interruppe Ullino,
240Fa cieco il guardo, nè sostienla il ciglio,
Se la man nol soccorre, o temperanza
Di frapposti vapori. E tal pur anco
A noi sfavilla la virtù di questo
Ammirando mortal, che l’infinita
245Di lassù provvidenza in travagliosi
Tempi concesse al declinato Mondo
Per emendarlo, e agli arbitri scettrati
Della terra insegnar la già perduta,
O ceduta a’ malvagi arte del regno.
250Dell’ardue cose per lui fatte il grido
A qual non venne orecchio? e chi narrarle
Puote od udirle, e serbar freddo il petto?
Ben io molte n’intesi insin d’allora
Che dell’alpestre Mondovì comparso