Ruppe alfin quella dolce estasi Ullino,
E rasciutta la guancia, amicamente
All’estatico disse: Io satisfeci, 170Sconosciuto Francese, al tuo desire.
Mi nomai Bardo, e in questo nome apersi
Tutto che sono. Per te, stesso or sai
Ch’io son de’ buoni e in un de’ forti amico,
In solitaria povertà non vile, 175Ricco di cor, di pace, e di contento.
Nè, perchè Bardo, argomentar che rozzo,
Qual già piacque a’ miei prischi, e scevro in tutto
Da civile dolcezza il tenor sia
Di mia vita. Chè care a me pur sono 180Le virtù cittadine, e precettori
Nella somma de’ carmi arte divina,
Non mi fur sole le tempeste e i nembi,
I torrenti, la luna, e le pensose
Equitanti le nubi ombre de’ padri; 185Ma i costumi ben anco e le dottrine,
E gli affetti, e i bisogni, e le vicende
Dell’uom, cui nodo socïal costringe;
Chè culta ancora la natura è bella.